[Gioco letterario, per gentile concessione della redazione e di colleghe e colleghi. Buona lettura!]
30 ottobre, viaggio in aereo verso l’Aeroporto scozzese di Dalcross, mentre l’anima, effervescente, mi palpita nelle viscere; ripasso i quesiti. 31 ottobre, a piedi verso la zona sud-ovest di Inverness, quasi incespicando per la febbrile emozione. Poi, la notte, e il silenzio reboante… Le lugubri rovine del Castello di Urquhart si stagliano come un’ombra tetra che pare estendersi restando invischiata nella bruma sospesa come parte dell’oscurità del cielo: il Lago, serafico, placido, abisso immoto… Ecco che il lucore di due stelle, che occhieggiano remote nell’abisso sovrastante, si fa più inteso, vivido, il biancheggiare di due cosmiche scie ove il cielo e il lago si confondono in un amplesso che si coagula in innaturale increspatura, sempre più vicina, riecheggiante stentorea e martellante nel profondo e nella gola riarsa. Una forma si erge ed incombe come il cielo trafitto da due stelle sfavillanti, che mi fissano e penetrano il mio petto vanificando ogni difesa:…

Sono al cospetto del Leggendario Nessie, Mostro di Loch Ness. Il suo capo si inclina sornione ed interrogativo.
Grazie di vivo cuore per aver risposto alla nostra evocazione e per aver acconsentito a concederci questa intervista. Le prime menzioni della sua figura sembrano risalire al Medioevo, quando lei fa la sua comparsa nelle antiche Cronache Scozzesi per circa una quindicina di volte. Secondo la sua biografia, un Sant’Uomo del VI Secolo d.C., l’abate irlandese Columba di Iona, fra i diffusori del Cristianesimo in Scozia, durante una peregrinazione intrapresa nell’anno 565 l’avrebbe messa in fuga dopo averla osservata assalire uno sventurato viandante. E’ corretto?
Considero la concessione di questa intervista anzichenò un dovere oltre che un piacere: coloro fra voi bipedi mortali che si dilettano con preclara dote di letteratura hanno avuto la premura di allietare le mie interminabili ed uggiose notti sul fondo cavernoso di questo buio ed algido lago.
Rispondo al vostro quesito con una certa riserva: sì, è corretto, ma le cose non sono come sembrano! Mi si è parato innanzi questo tizio impettito e tronfio che brandiva la croce e l’ho trovato così di cattivo gusto da ritirarmi. Guardi, me lo lasci dire, che i Santi non sono affatto immuni alle mordaci bestialità dell’entusiasmo e alla tracotanza di qualsivoglia fra voi bipedi, anzi la pongono sotto l’egida di Dio in persona. Essi appenderebbero volentieri la nostra testa al di sopra di un caminetto per farla troneggiare sul carezzevole tepore e crepitio d’un serico e rutilante fuocherello, accanto alla testa d’un peccatore, così da sancire il loro trionfo. Mia cugina la Vellosa di Ferté-Bernard, che viveva nel placido ruscello francese dell’Huisne, sopravvissuta al Diluvio e simile ad una sorta di dinosauro dal corpo rotondeggiante irto di aculei acuminati, è stata assassinata brutalmente, colpendola ove era più fragile, solo poiché, magnanima, voleva sottrarre fanciulle e fanciulle ad una vita grama, e mi conforta che sia stata citata secoli dopo nel Manual de zoología fantástica da Jorge Luis Borges, tra i pochi in grado di porsi nei nostri panni, come ha saputo fare col mio grandissimo amico Fáfnir [il terribile e infingardo Serpe/Drago, custode del tesoro dei Nibelunghi, fronteggiato dall’ardimentoso Sigfrido nella mitologia norrena e citato da Borges con originalità nel racconto El Zahir, del 1949]. Voi vi lambiccate fino allo stremo, in modo inverecondo, sulle vostre inezie, quasi puntellassero l’Universo; invece appena vi ritrovate faccia a faccia con l’Ignoto imperscrutabile ed imponderabile, ecco che lo date per scontato, ed esso è ridotto ad un’anodina tela su cui proiettare le vostre ardite meschinità: sicuramente il mio intento era divorare quell’uomo, sicuramente era necessario scacciarmi con modi bruschi e se possibile trucidarmi con garbo! Ma si figuri!!! Mi ci vede a pascermi d’un coriaceo villico qualsiasi!?! Bah, io convengo con chi asserisce che mangiar bene è un’arte, come la Vellosa o La Rochefoucauld, che d’altronde è anch’egli un mio lontano parente [La mitica Fata Mélusine del folclore francese, mutatasi in terrifico drago a causa di una maledizione, avrebbe dato origine alla casata dei Lusignan, a cui lo scrittore François de La Rochefoucauld apparteneva N.d.R.]. Emil Cioran scriveva che per voi esseri umani perdere l’Io è perdere nulla e al contempo perdere tutto. Ecco il punto; Santi o peccatori poco conta.

Ma lei si ritrova nella definizione di “Mostro di Loch Ness”?
Assolutamente sì!!! Anche qui vanno però chiariti con oculatezza alcuni punti capitali: la definizione di Mostro, pur essendo sovente un’apòstrofe per gli insipienti, è invero molto lusinghiera: essa significa Prodigio pronto a sfidare e surclassare le leggi di natura; tuttavia tale definizione è anche gravida di tutta la sfrontata protervia umana… Michel de Montaigne scriveva, nei suoi splendidi Essais, che l’autentica Filosofia, cito testualmente, non “sembra mai aver così buon gioco come quando contrasta la presunzione e le vanità umane, quando riconosce in buona fede i suoi dubbi, la sua debolezza e la sua ignoranza.”
Questa è, a mio avviso, la più perfetta definizione di che cos’è un Mostro.

Molte ipotesi sono state avanzate intorno alla sua identità: Plesiosauro o altro Rettile Marino; Pesce anguilliforme; Anfibio ignoto; Mollusco Nudibranco gigante; Otaria dal lungo collo; Cetaceo primitivo; Sirenide; Pinnipede; Anellide policheto; Stegocefalo; Sanguisuga; Urodelo, ecc. ecc. Qual è l’esatta, effettiva natura di Nessie?
L’intangibilità decisamente sconcertante della mia elusiva figura è l’enigma, il mistero e il segreto che custodisco gelosamente: una delle documentazioni, fra centinaia di avvistamenti, testimonianze attendibili, descrizioni, incontri, registrazioni, foto, filmati e quant’altro (e non sono mancati, fra umani e animali, morti in circostanze sospette), tra le più nutrite, corpose e travolgenti di sempre; nessunissima prova palpabile (e soprattutto plausibile) a suffragare una congerie di ipotesi sulla mia identità. Innumerevoli ed eterogenei stratagemmi, fra i più seri ai più balzani, escogitati per cercare di scovarmi; senza alcun successo. Non dimentichi che sono stato un abborracciato eppure efficacie modellino, che nel 1933 vennero rinvenute delle elettrizzanti impronte… ottenute con un posacenere ricavato dal piede di un ippopotamo, o che i dipendenti di uno zoo inglese ritennero una buona idea depositare sulla riva del lago il cadavere di un elefante marino per farlo passare, dissimulato, per il mio Globster [denominazione, nel gergo di settore, per le masse organiche o i resti di difficile identificazione di un animale noto o ignoto, termine coniato da Ivan T. Sanderson nel 1962 Nd.R.].
Come per altre entità quale la ferina Bestia del Gévaudan, qualcuno ha avanzato su di me ipotesi un tantino strampalate: oggetto non identificato o congegno extraterrestre, sorta di ologramma o proiezione e manifestazione astrale (al netto della fantascienza, gli esponenti della dottrina gnostica Docetista, perorata da Basilide, lo pensavano di Gesù Cristo, per cui tanto di cappello), demone o sortilegio da esorcizzare, sorta di spettro “molecolare” di un animale estinto… Nella brillante pellicola del 1970 The Private Life of Sherlock Holmes, di Billy Wilder, eccomi sottomarino, ipotesi sì peregrina ma quasi scarna al confronto di quanto appena illustrato.
Tra le ipotesi più sobrie e razionali intorno alla mia presunta natura figurano quella dell’ingegnere elettronico Robert P. Craig, secondo cui le mie apparizioni sarebbero spiegabili attraverso una serie di peculiari fenomeni fisici coinvolgenti tronchi di conifere stramazzate nel lago, in grado di dare l’illusione dell’emergere e dell’inabissarsi di un essere vivente nell’acqua spumeggiante, oppure quella del fisico W. H. Lehn, secondo cui io sarei una sorta di Fata Morgana, un effetto ottico dovuto alla rifrazione atmosferica. In poche parole costoro hanno fatto di me un intricato gioco di prestigio architettato dalla natura stessa.
Con buona pace di tutti, chiedo venia ma non sarò mai così sventato da rivelare i trucchi del mestiere.

Gira la voce che alcune persone abbiano la facoltà di evocarla, in primis l’occultista ed esoterista Aleister Crowley, noto per aver fondato il Satanismo moderno e che si fregiava, fra le altre cose, del l’appellativo di Uomo più malvagio del Mondo, il quale avrebbe goduto della prerogativa di saper aprire varchi fra le dimensioni riuscendo ad invocarla e controllarla… E’ vero?
Quel satanasso di Crowley, un tipo davvero brillante, arguto ed eccentrico! Ma no, che controllo, abbiamo sempre conversato amabilmente come stiamo facendo io e lei adesso, e lui ha sempre afferrato e apprezzato la mia parlata scozzese. Era gentile e affabile nei miei confronti, oltre che dotato di sopraffina e suadente eloquenza; un po’ fissato con Friedrich Nietzsche, anche se insisteva che il vulcanico “Fa ciò che vuoi” glielo aveva prescritto il Serpente dell’Eden (Nachash è uno dei miei più lontani progenitori, tuttavia a Crowley ha detto di chiamarsi Aiwass e di essere il suo Genio personale), ma glielo si può perdonare. Una volta mi ha altresì presentato il Dottor Kinsey, suo grandissimo ammiratore [il biologo e zoologo americano Alfred Kinsey, che con i suoi studi sul comportamento sessuale umano fu pioniere, negli anni ’50, della sessuologia N.d.R.], anche lui decisamente stravagante e tutto preso dalle Donne Scarlatte. Credo che la difficoltà di definirmi gli abbia ispirato la sua “Scala Kinsey”, attinente le cangianti e sfumate sfaccettature degli orientamenti sessuali secondo un criterio di gradualità…

A questo punto le chiedo: insomma, lei appartiene al genere maschile o femminile?
Il lezioso nomignolo di Nessie, ormai familiare, il quale mi è stato affibbiato poco dopo che, nel maggio del 1933, l’Inverness Courier riportò del primo storico avvistamento dei coniugi MacKay avvenuto dopo la costruzione della strada del Great Glen sulla riva settentrionale del lago (che congiunge Fort Williams con Inverness rendendo più accessibile il percorso), ha sapore femminile; secondo alcuni autori, poi, il nome del lago che mi ospita si dovrebbe ad una presunta dea celtica, Nessa, di cui io sarei stato nei tempi antichi, preconizzando la mia forma attuale, la mostruosa personificazione, col nome di An Niseag. Essere correlato agli dei Túatha Dé Danann mi renderebbe affine alle Fate, fra cui la mia cara amica Banshee, presagio di morte come la mia cuginetta Mhorag [il mostro del Loch Morar, nel distretto omonimo N.d.R.], ingiustamente meno celebre, o famigerata, di me, certamente femmina, che compare per annunciare la morte imminente di un membro del Clan Gillie, manifestandosi come una fanciulla diafana e sensuale dai candidi seni, con viso cereo e languidi occhi adamantini, dai cui capelli si spande una pioggia di monete d’oro, e il cui corpo polposo è composto da tre parti: la morte, la bara e la tomba. E’ sempre stata molto teatrale. Al netto di tutto ciò, tuttavia, un gruppo di pompieri bontemponi, nel 1975, decise di fabbricare, allo scopo di attirarmi, un mostro spurio di cartapesta, munito di motore e di altoparlante emettente il verso di un tricheco, e di chiamarla Nellie (mia presunta fidanzata), assegnando pertanto alla mia persona connotati maschili. Per la vulgata sono solitamente identificabile come maschio, ma nel delizioso cortometraggio animato tradizionale Disney The Ballad of Nessie, del 2011, torno femmina, decisamente simpatica e melliflua aggiungerei (e ricordo che, quando Walt era ancora in vita, la sua équipe cercò di ingaggiare con me un “dialogo musicale”).
Nessuno ha notato che potrei somigliare al Serpente Cornuto che accompagna il dio Indoeuropeo Cernunnos, modello di trasformismo quanto Loki, e potrei pertanto tranquillamente definirmi entità non binaria; ma non vorrei che mi tacciasse di correttezza politica, per cui provvedo a censurarmi da me.

Quanto teme, mi dica, che la mano grifagna dell’essere umano incomba sul suo habitat?…
Molto! E invero spero, con ottimismo, troppo! Secondo alcune leggende ebraiche, il mio più ancestrale ed illustre antenato, il biblico Mostro marino Leviathan, avversario dell’angustiato Giobbe, formidabile emblema di tutte le creature del vasto Mare, avrebbe visto morire il suo unico compagno per mano di Dio, così da scongiurare pericoli e far spazio alla creazione di cui voi privilegiati sareste l’apice. Testi rabbinici narrano della sconfitta dello stesso Leviathan, soggiogato da Dio e dell’Arcangelo Gabriele, che lo avrebbe scorticato per confezionare con la sua pelle una tenda per rivestire le mura di Gerusalemme, così luminosa da abbacinare ed essere avvertibile ai due capi del mondo. Tutto questo denota tristemente l’ostica cifra del vostro rapporto con l’ambiente che vi circonda. Noi mostri siamo sempre e solo un ingombro, un cascame, un relitto, e di rimando ogni essere non umano e persino umano che risulti d’intralcio alla vostra vanagloria.

Lei però non è affatto solo al mondo, non è vero?
Come Metoh Kangmi, sono contraddistinto dall’avere molti affini, colleghi e parenti in giro per il globo, di cui ho sovente obnubilato ed usurpato la fama; in questa sede ne posso fare un elenco un po’ esiguo e raccogliticcio, quindi per nulla esaustivo: la mia amata patria contiene almeno altri venti laghi ove albergherebbero mostri, e fra quelli del resto del mondo si annoverano il Lough Ree irlandese, il lago Storsjön svedese, col suo bizzarro mostro dall’affettuoso nomignolo di Storsjöodjuret, il lago Lagarfljót in Islanda, che ospiterebbe Skrimsl, sorta di Isola Vivente, il lago Van in Turchia, il lago Nahuel Huapi in Argentina, col suo Nahuelito, il lago Tianchi in Cina, Il lago Baikal in Siberia – il più profondo, esteso, antico ed enigmatico del mondo -, il lago Ikeda in Giappone, col suo sinuoso Issie, metamorfosi di una maestosa e mesta giumenta in spasmodica ricerca del suo piccolo rapito; e così via, una serie innumerevole che approda al lago Champlain in America, forse il più chiacchierato dopo il mio (e Champ, il più rinomato dei suoi abitanti, se lo merita). Per non parlare di Ogopogo del lago Okanagan in Canada, venerato dai Nativi, e Manipogo del Manitoba, o dei Serpenti Marini tanto cari ad Heuvelmans [Bernard Heuvelmans, lo zoologo belga fondatore della Criptozoologia N.d.R.]. Mester Stoorworm, poi, immane capostipite britannico di tutti i Draghi con un unico occhio rutilante, agonizzando ha sputato i suoi denti che sono divenuti le isole Orcadi, Shetland e Faröer. A lui, vero, munifico megalomane, non bastava né un lago né l’Oceano. Altresì diversi laghi del vostro Nord Italia sono gremiti di Mostri che scaturiscono direttamente dagli Inferi…

A proposito, cosa vorrebbe dire al suo irsuto ed imponente collega Metoh Kangmi, noto al grande pubblico come Abominevole Uomo delle Nevi o Yeti?
Nulla di che, è una bravissima e squisita persona, anche se con un carattere un po’ troppo austero, arcigno, spigoloso ed irruente. Si è messo in testa di fare il verso a volitivi mistici ed asceti come suo padre Rishyasringa [qui Nessie ci fa uno scoop, rivelandoci la strettissima parentela dello Yeti con il grande eremita della mitologia Indù, il Saggio dalle Corna di Cervo N.d.R.], ma vorrei metterlo in guardia usando ancora una volta le avvedute parole di Michel de Montaigne, secondo cui gli asceti “vogliono estraniarsi da sé stessi e sfuggire l’uomo. E’ una pura follia: in realtà, invece di trasformarsi in angeli, si trasformano in bestie, invece di elevarsi finiscono per diminuirsi. Questi umori trascendenti mi spaventano come le cime di certe montagne altissime e inaccessibili.”
Ma forse, introverso e schivo come sono, non dovrei permettermi.

Quali sono, fra letteratura, cinema, fumetto e quant’altro, le opere narrative concernenti la sua figura che preferisce?
Ve ne sono tantissime di valide e suggestive, d’ogni genere, ma devo ammettere senza remore che la mia prediletta è la pellicola Incident at Loch Ness, mockumentary del 2004 scritto da Werner Herzog e diretto da Zak Penn. Essa narra delle vicissitudini che occorrono alla crew del regista nel girare un film su di me, pronte, fra attriti e malumori, a farlo deragliare, quando ecco che io sopraggiungo davvero.
Solo un artista come Herzog, coadiuvato da Penn, poteva restituire ai Mostri un significato inedito e trascurato dall’epoca delle Nascite Prodigiose: la Speranza! E farlo conferendo alla Speranza un’accezione inusitata, mistica: nel suo Théorie de la Religion Georges Bataille definiva la religione un angusto disegno di addomesticamento del Divino: laddove la Religione vorrebbe cooptare e fagocitare Dio arginandone la dirompenza, il Mistico vuole invece spogliarsi ed affrancarsi da quanto gli impedisce di condurre sé stesso a Dio. La Speranza nella mia esistenza ha condotto alcuni studiosi ad elaborare teorie non meno stravaganti delle diatribe medievali sul Sesso degli Angeli: il criptozoologo Jean-Jacques Barloy si è arrovellato nel tentativo di spiegare il mancato rinvenimento di cadaveri o scheletri della mia presunta specie, facendo appello a rive troppo impervie per un arenamento, zavorre o temperature dell’acqua così basse da inibire la formazione di gas di decomposizione; tutto questo ignorando a bella posta come io sia, oltre che rarefatto, immortale. La strenua e vibrante speranza nella mia esistenza ha dunque portato questa gente, con spregio del Rasoio di Ockham, a complicare problemi semplici, fra gli alti e precipui scopi dell’Arte; con cui la Speranza e il Misticismo coincidono…

La rivedremo?…
Oggi ha potuto incontrarmi così disinvoltamente, agevolmente, poiché ci siamo addentrati nel giorno di Samhain, e il confine fra i Due Mondi, profano e Ultraterreno, è infranto… Tuttavia non disperi: ora che siamo stati faccia a faccia io non potrò abbandonarla mai più. Io, l’ineffabile Nessie, non potrò dirle addio. Che io sia concretamente innanzi a lei o sia solamente una proiezione dei meandri del suo interiore è del tutto irrilevante… Non è all’esterno bensì nell’intimo di sé stesso che deve guardare per scorgermi: ecco chi sono io. Se non temerà i lidi insondabili dell’Ignoto che albergano nella sua anima mi incontrerà ancora, tutte le volte che ne avrà il desiderio!… Lo dica ai suoi lettori. Arrivederci…
[Ecco che Nessie, salutandomi con un cenno caloroso, si dilegua nelle tenebre, e non so dire se sia ritornato negli abissi del lago, o stia inabissandosi silente, ed evanescente, nella lacrima che solca il mio viso N.d.R.]
Un sentito grazie e un abbraccio alla redazione e alle colleghe e ai colleghi che mi hanno concesso la realizzazione di questo piccolo divertissement. Felice Hallowe’en a tutte/i!