Il piccolo grande mondo degli Insetti: colloquio con Elvira Castiglione

Da un esperimento condotto da un team di ricerca della Queen Mary University di Londra è risultato che i Bombi (Bombus terrestris), al di là della ricompensa in cibo loro elargita, si dilettano in attività di gioco, lasciando studiose e studiosi, e non solo, strabiliati e sbigottiti, e sfidando annosi pregiudizi sulla natura apparentemente poco sofisticata di questi animali, i quali occupano da sempre un posto d’onore nel nostro immaginario, declinati nei più disparati modi dal Mito alla Fantascienza (fra i tanti insetti brutali, gli umili alieni insettoidi del racconto di Fredric Brown Obedience, 1950, sono invece contraddistinti da una connaturata incapacità di commettere assassinii). “ Strisciano sulla faccia del pianeta, / alcuni insetti, denominati Razza Umana. / Persi nel Tempo, persi nello Spazio; / E nel Significato…”, recita con sommessa gravità la battuta e strofa finale del The Rocky Horror Show (1973). Che cos’è un insetto? E quanto è complesso, al di là di scontati e corrivi stereotipi, il rapporto tra noi, loro e la loro apparentemente assoluta alterità? Proviamo a dare una sbirciatina oltre il velo con l’entomologa Elvira Castiglione

Elvira Castiglione mentre contempla una delle sue amate Mantidi, una Mantide religiosa (Mantis religiosa).

Discettiamo da più punti di vista intorno a questi nostri caduchi eppure potenti compagni di viaggio, che dominano il pianeta da milioni di anni prima la nostra comparsa, con l’esperta Elvira Castiglione

Entomologa e Guida Ufficiale ed Esclusiva del Parco Nazionale dell’Aspromonte, in Calabria, durante i suoi studi in Scienze Forestali e Ambientali è rimasta affascinata dal mondo degli insetti, tanto da farli diventare la sua più grande passione. Da diversi anni si occupa di progetti di studio e ricerca sull’Artropodofauna dell’Aspromonte, oltre a contribuire alla descrizione di nuovi taxa (unità tassonomiche) per la scienza biologica. Ha partecipato a diverse pubblicazioni scientifiche. Esperta in Gestione forestale per la conservazione della biodiversità (II Livello), svolge altresì attività di Turismo scientifico, di Educazione e Interpretazione Ambientale, queste ultime in particolare nelle scuole, occupandosi di divulgazione e prodigandosi con zelo nel sensibilizzare intorno a temi concernenti natura, ecologia e microcosmo degli insetti. E’ da sempre convinta che la conoscenza sia alla base della tutela e della valorizzazione degli ecosistemi in pericolo, nonché della preservazione e conservazione della biodiversità, cioè l’insieme degli organismi animali e vegetali, le cui funzioni assumono importanza fondamentale per la vita dell’umanità sul pianeta. Per questi importanti motivi, occorre educare a un atteggiamento più consapevole verso l’ambiente per conoscerlo, rispettarlo e difenderlo, a partire dai suoi più piccoli abitanti.

Innanzitutto grazie di essere qui con noi. Parto da una digressione di ordine mitico e antropologico: per quel che concerne nanismo e gigantismo, che vogliono entrambi ogni elemento del Cosmo partecipare della vita, laddove nei recessi apparentemente inerti ed insignificanti del minuscolo, ove albergano Fate, Genii Loci, Spiriti Elementali e così via, si squadernano, come rilevava il filosofo Gaston Bachelard, mondi inopinati, palpitanti ed incommensurabili, così troviamo in diverse culture immani esseri cosmici e cosmogonici che abitano, compongono o sorreggono il Cosmo: fra questi ultimi si annoverano le entità cosmofore, che sostengono appunto l’Universo o parti di esso con il proprio corpo, tra cui figurano animali e fra di essi persino insetti, come lo Jinshin-Mushi, lo Scarafaggio dei terremoti, dalla testa di drago, che campeggia negli abissi del sottosuolo giapponese e lo sorregge. In un mito islamico, un mordace insetto insidia con dolori lancinanti il cervello della colossale balena Al-Bahmut, che sorregge l’apparato dell’Universo, per costringerla all’immobilità.

Si potrebbe ravvisare in questi miti la capacità umana di carpire intuitivamente la capitale importanza di microcosmi naturali come quello degli insetti per l’intero ecosistema. Cosa ne pensa? Quanto, in un’ottica scientifica, avevano ragione?

Grazie a voi per l’invito. Sicuramente l’uomo ha da sempre avuto a che fare con gli insetti, perciò non stupisce affatto che nella letteratura, nella mitologia e in tanti altri campi si ritrovino, in un modo o in un altro, molti riferimenti agli insetti quasi in ogni cultura e in ogni tradizione umana, giacché gli insetti sono gli animali per eccellenza, rappresentando la maggior parte delle specie note sul pianeta.

Mettiamoci poi anche la spiccata fantasia dell’uomo, nonché le sue elucubrazioni mentali, ed ecco venir fuori le creature più strane e folkloristiche, talvolta perfino raccapriccianti, che la mente umana possa partorire.

Direi che sono tipiche trasposizioni di elementi osservati in natura nella dimensione mitico/magica propria della nostra specie, che nulla, però, hanno a che fare con la capacità di intuire l’importanza dei microcosmi naturali negli ecosistemi. Quanto, in un’ottica scientifica, avevano ragione, Lei mi chiede? In verità, senza il minimo dubbio, dico che non avevano ragione affatto.

Nanismo e gigantismo sono relativi, esistono e sono esistiti anche negli insetti.

L’ espansione e la proliferazione delle specie di Insetti, la loro capacità di colonizzare e adattarsi a quasi tutti gli ambienti, il numero enorme d’individui, sono anche frutto, almeno in parte, delle loro piccole dimensioni. Il vantaggio evolutivo del gigantismo è di avere la meglio su competitori o aggressori più piccoli e di prevalere su prede più grandi, più velocità negli spostamenti, etc. E la strada del gigantismo è stata percorsa anche da tanti altri gruppi viventi, pensiamo alle felci e agli anfibi nel Paleozoico, a diversi Mammiferi (“tigri dai denti a sciabola”, Mastodonti) e ad alcuni uccelli dell’Australia, Madagascar e Nuova Zelanda del Cenozoico, ai grandi rettili del Mesozoico.

Ma c’è anche uno svantaggio genetico nel gigantismo, perché avere maggiori dimensioni significa maggiori esigenze alimentari, quindi minore densità di popolazione, incroci fra consanguinei e di conseguenza minor vigore (con impossibilità di annullare le mutazioni dannose, per es.), minore variabilità intraspecifica, incapacità di adattamento ad ambienti mutevoli. Tutto questo inevitabilmente porta nel tempo all’estinzione.

Le piccole dimensioni consentono, invece, vantaggi anche sul piano della fisiologia: una più veloce trasmissione delle sostanze nutrienti fra l’apparato digerente e gli altri organi, una più rapida diffusione dell’ossigeno verso i muscoli ed il resto dell’organismo, un minor tempo di trasmissione degli impulsi nervosi e maggiore efficienza del tessuto muscolare, migliore distribuzione dell’ossigeno. Gli Insetti, dunque, hanno preferito muoversi in direzione opposta: piccole dimensioni, alte densità di popolazione, grande variabilità interna alla specie, notevole adattabilità, etc.

Ecco spiegato il loro grande successo evolutivo.

Che importanza rivestono gli insetti, in modo specifico e circostanziato, nell’ecosistema italiano? E quanto dovremmo impegnarci con autentico zelo per preservarlo nella sua interezza?

Più che di ecosistema italiano (perché non esiste un “ecosistema italiano”, in Italia ci sono numerosi ecosistemi, così come nel resto del mondo), piuttosto parlerei di ecosistemi terrestri sensu latu.

Per essi, l’importanza degli insetti è a dir poco fondamentale per numerosi aspetti che sono vitali: per la riproduzione delle piante, per la catena alimentare, per i processi di trasformazione del materiale organico, solo per citarne alcuni. La conservazione della biodiversità è essenziale, anche per garantire un futuro alla nostra specie, e la maggior espressione di tale diversità biologica la si può riscontrare proprio nel numeroso gruppo degli insetti. Senza la biodiversità, in particolar modo quella degli insetti, la vita dell’uomo sulla Terra sarebbe semplicemente impensabile.

Perciò, l’impegno che ci è richiesto per preservare tale ricchezza deve essere grande e concreto, ora più che mai visto quello a cui stiamo assistendo, ovvero un pianeta sempre più sofferente che si sta inesorabilmente dirigendo verso un punto di non ritorno. Ne va della nostra stessa vita, ma soprattutto di quella delle future generazioni, verso le quali abbiamo il dovere morale di garantire come eredità quantomeno ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Viviamo in un periodo in cui la salvaguardia delle risorse naturali costituisce una priorità assoluta, come è confermato dalla recente modifica del testo della Costituzione all’articolo 9, che introduce tra i principi fondamentali proprio la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi naturali, anche nell’interesse delle generazioni che verranno. Parliamo finalmente di un diritto costituzionalmente garantito! È di sicuro un primo passo molto importante da parte dello Stato, adesso non rimane altro che sperare che ciò non rimanga solo sulla carta, ma che possa diventare davvero qualcosa di concreto e reale.

Tornando nello specifico agli insetti, siccome essi rappresentano, come ribadisco, la maggiore componente della biodiversità, la loro conservazione dovrà diventare parte integrante della tutela della biodiversità e della mitigazione dei cambiamenti climatici. Ecco perché è necessario rendere il più possibile popolari gli insetti, ad esempio attraverso l’uso di specie simboliche e introducendo una educazione che comprenda anche queste tematiche sin dalle scuole primarie. A questo proposito, l’entomologo Alberto Ballerio (2008) scriveva: “un grosso problema è costituito dal fatto che gli insetti faticano a ritagliarsi un posto nel cuore della gente. Se si vuole che la conservazione degli insetti cominci ad interessare veramente, sarebbe probabilmente necessario portare gli insetti ad un livello di popolarità che fino ad oggi è stato raggiunto solo dai vertebrati ed in particolare dagli uccelli e da qualche grande mammifero”. In generale, infatti, gli insetti e gli altri invertebrati sono ignorati dalla maggioranza delle persone. Mentre si vive con più partecipazione la tragedia della diminuzione di un mammifero o di un uccello, poco importa quando si viene a sapere che un certo insetto è in pericolo o addirittura si è estinto. Probabilmente ciò accade per la scarsa empatia che ci suscitano gli invertebrati. Noi tutti siamo più sensibili ai problemi di conservazione dei grandi mammiferi perché li sentiamo più vicini a noi, mentre ci viene più difficile sentirci coinvolti in una problematica che riguarda un coleottero che vive in una determinata zona e che rischia di scomparire. C’è da dire che gli invertebrati sono piccoli e davvero tanti, solitamente vanno cercati con molti sforzi nei diversi habitat prima di accertarne la presenza, ma anche loro richiedono monitoraggi e studi che necessitano di investimenti senza cui è quasi impossibile rendersi conto del loro stato di salute. Anche sotto questo aspetto, c’è molto da fare e bisognerebbe incrementare ancora di più i fondi destinati a tale scopo. Occorre attuare una inversione di tendenza, finalmente considerare gli invertebrati “the little things that run the world”, come li definì il biologo, entomologo e sociobiologo Edward O. Wilson. E in effetti gli invertebrati governano il mondo, perché svolgono un ruolo essenziale per il mantenimento della funzionalità degli ecosistemi. Pensiamo ai coleotteri coprofagi che riciclano lo sterco dei vertebrati erbivori fertilizzando il suolo e a quale preziosissimo contributo danno (e questo è solo uno degli innumerevoli esempi che potrei citare).

Quindi, c’è ancora molto da lavorare su questo aspetto ed è quello che sto cercando di fare anche io, nel mio piccolo, con la mia associazione Emozione Natura e con le mie attività di educazione ambientale e di sensibilizzazione che svolgo in particolare con i più giovani, perché credo che le loro menti ancora plasmabili riescano a recepire con più facilità certi concetti rispetto ad una struttura mentale già organizzata e inquadrata come può essere quella di un adulto. È importante insegnare a rispettare la natura e a comprendere il valore di ogni essere vivente, anche il più piccolo; se si comincia fin dalla tenera età a trasmettere certi valori, sicuramente rimarranno saldi per tutta la vita.

Elvira Castiglione mentre conduce attività di laboratorio con alcuni studenti universitari.

Insetti ed esseri umani: una convivenza buona e necessaria (dobbiamo imparare ad amarli davvero)

Caso – per quanto balzano – per nulla peregrino in passato, nel 1516, in Francia, uno sciame di insetti venne accusato di aver cagionato danni ingenti in alcune vigne presso Troyes, e pertanto processato e minacciato di scomunica se non avesse riparato altrove. In molte culture gli insetti non vengono solamente identificati con gli spiriti dei morti bensì, se nocivi, posti alla stregua di perniciosi spiriti maligni. San Patrizio, affine al nostro San Giulio, secondo la leggenda scacciò pressoché tutti i rettili dall’Irlanda: analogamente si parla spesso, sprezzantemente e con una certa avventatezza, della distruzione definitiva di specie di insetti reputate per noi, e talvolta per l’ambiente circostante, dannose. Ma una simile soluzione cosa comporterebbe davvero? Esistono specie la cui scomparsa sarebbe auspicabile o il depauperamento e il danno irreversibile sarebbero sempre in agguato?

Purtroppo mi duole dirlo, ma penso che la sola specie la cui scomparsa sarebbe auspicabile, per il bene del pianeta e per tutte le altre specie, sia proprio la nostra, che sta provocando la sesta grande estinzione di massa nella storia della vita sulla Terra, con tassi di estinzione che si sono moltiplicati in maniera preoccupante a causa delle attività umane e un numero inestimabile di specie sarà probabilmente estinto prima ancora di poterne conoscere l’esistenza.

A tal proposito, mi vengono in mente le parole del grande Edward O. Wilson, ho già citato il suo nome, ma vorrei soffermarmi un attimo per dire qualcosa in più su colui che è considerato un gigante della biologia mondiale. Basti solo pensare che a ventinove anni era già professore ad Harvard e ha vinto tra i premi più importanti del mondo (tra cui due Pulitzer). Wilson era anche un entomologo di grande fama, che ha passato la maggior parte della sua vita a studiare in particolare le formiche.

Nel suo libro Metà della Terra: salvare il futuro della vita (2016), egli scrive che se continueremo a eliminare specie viventi al tasso attuale, presto la nostra era, che qualcuno chiama Antropocene visto l’impatto sul pianeta, sarà seguita dall’Eremocene, l’era della solitudine, in cui l’essere umano sarà circondato solo da specie allevate o coltivate per la propria sopravvivenza.

Quando gli fu chiesto, se avesse dovuto suggerire un animale come simbolo della perdita di biodiversità, quale avrebbe indicato, egli senza la minima esitazione rispose: “Homo sapiens. Alla fine saremo noi a soffrire e a tramontare come specie per l’incosciente distruzione della biosfera: essa ha impiegato tre miliardi e mezzo di anni per evolvere, è da lei che dipende la nostra sopravvivenza“. Dice il proverbio: “Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”, mai parole furono più vere ed attuali, noi che potremmo agire per salvare l’intero pianeta, non stiamo facendo praticamente nulla per difenderlo da un tragico destino. Insetti dannosi? In realtà, siamo noi esseri umani il peggior danno esistente sulla Terra!

Perfino le specie di insetti cosiddette dannose, alla fine hanno una loro ragione di esistere, ad esempio per il ruolo che possono avere nella catena alimentare, come fonte di cibo per altre specie.

C’è da dire che col termine insetti si includono cose assai diverse nei confronti dell’uomo, esseri che suscitano terrore, fascino, simpatia: insetti fastidiosi o nocivi, insetti affascinanti per la loro estetica come le farfalle, a cui l’arte e la letteratura spesso si ispirano, insetti utili come le api…

Ma utile o inutile è un concetto antropocentrico: in natura nulla è inutile o dannoso e tutto è interconnesso, che ci piaccia oppure no. Comprendere che non siamo i soli abitanti del pianeta, ma che facciamo parte di una rete fittamente intrecciata di vita, è fondamentale per la coesistenza delle diverse specie nell’ambiente. La consapevolezza di questa interconnessione è ciò che il filosofo londinese Timothy Morton chiama “nuovo pensiero ecologico”. C’è anche un aspetto importante da considerare: mentre quelle che noi chiamiamo specie dannose in realtà agiscono spinte da un istinto da sempre connaturato in esse a cui non possono sottrarsi, l’uomo ha, invece, capacità razionali ed è dotato di discernimento, può scegliere se compiere una buona o una cattiva azione, ha la facoltà di decidere, perciò non ha giustificazioni quando agisce contro la Natura e contro il benessere della Terra, distruggendo la biodiversità e non limitando il suo impatto disastroso sull’ambiente.

Il pianeta sta andando in rovina? Prendiamocela con noi stessi!!!

Quali sono, da studiosa e appassionata, le sue specie o generi di insetti predilette?

Gli insetti sono creature a dir poco affascinanti. Contrariamente ad altri miei colleghi entomologi, io me ne sono innamorata non proprio in tenera età, tuttavia, anche se ciò è avvenuto piuttosto avanti negli anni, è stato un vero colpo di fulmine. Ma ho ancora tanto da imparare e non basterebbe una vita intera per farlo, infatti ogni volta che mi dedico allo studio e alla ricerca, scopro su queste creature sempre cose nuove ed esaltanti, talvolta perfino incredibili e che contribuiscono a far aumentare ancor di più l’amore per il mio lavoro. Devo ammettere che mi sento una privilegiata, non tutti nella vita hanno la fortuna di fare di una grande passione anche il proprio lavoro, invece a me è stata concessa questa possibilità che considero uno dei più grandi doni che potessi ricevere. Ho anche un’altra fortuna, quella di vivere in una delle montagne più belle del mondo, l’Aspromonte, un luogo ricco di straordinarie bellezze naturali e un vero hotspot di biodiversità che non finisce mai di regalare nuove sorprese e importanti scoperte, come sta avvenendo soprattutto negli ultimi anni.

Studiando gli insetti, ho potuto conoscerli più a fondo e, quindi, apprezzarne meglio le peculiarità, l’immensa varietà di forme, colori e stili di vita.

Tra le specie che amo di più, vi è la mantide religiosa, una creatura che ha un non so che di umano. Sarà forse per la sua capacità di guardarti dritto negli occhi e con una tale intensità che ti senti quasi scrutare dentro, oppure per l’eleganza delle sue movenze, l’agilità e l’abilità nel catturare le sue prede, che ne fanno una cacciatrice praticamente infallibile. Insomma, la sua bellezza mi lascia letteralmente incantata. Poi amo molto anche le farfalle, il mistero della metamorfosi mi ha sempre affascinata e queste colorate creature volanti ne sono la massima espressione. Come scrisse Primo Levi, tanto quanto sono “goffi, lenti, a volte urticanti, voraci, pelosi, ottusi” i bruchi, simbolo della perfezione non raggiunta, tanto sono aeree, leggere, inafferrabili e affascinanti le farfalle che del bruco sono la trasformazione perfetta.

Infine, come è naturale che sia, ho anche un profondo legame affettivo verso tutte le specie nuove per la scienza che insieme ai miei colleghi ho contribuito a scoprire e a far conoscere al mondo, dare una identità attraverso un nome ad un organismo finora ignoto e sapere che così sarà chiamato in ogni libro e in altri studi futuri è davvero esaltante, per non parlare poi anche delle specie di insetti che, sempre i miei cari colleghi, hanno voluto gentilmente dedicarmi e che portano il mio nome. Non finirò mai di ringraziarli, perché mi hanno regalato, oltre che una grandissima emozione, forse anche, oserei dire, l’eternità magari, chissà… però, mi piace tanto pensarlo!

Una delle tante, lampanti e sovente mirabolanti espressioni del fascino esercitato sull’umanità dagli insetti dal Mito alla Fantascienza: un’illustrazione, ad opera dell’erudito settecentesco Eberhard Werner Happel, raffigurante il leggendario Shamir, mitico verme in grado di recidere persino il diamante, utilizzato, secondo alcune tradizioni rabbiniche, da Re Salomone per l’edificazione del Tempio.

Dal Mito alla Scienza: il vero volto degli insetti

Mi permetta un’altra considerazione e mi dia il suo parere: la narrativa fantastica pullula di straordinari insetti, come quelli di The Sphinx, di Edgar Allan Poe, 1846, di La metamorfosi (Die Verwandlung) di Franz Kafka, 1915, di Mimic, di Donald A. Wollheim, 1942, e di The Lovers, 1961, di Philip José Farmer; negli ultimi due scritti, dal finale amaro, figurano insetti che riescono ad apparire simili ad esseri umani. In questo genere di racconti l’insetto dispensa uno straordinario tuttavia mesto ed acre, soffuso se non pervaso di tragedia. Ciò avviene forse perché esiste tra noi e loro, a dispetto della ripulsa, un legame significativo: la condizione umana consiste nell’affannarsi per ottenere qualcosa che, regolarmente, si sfilaccia tra le nostre dita, e che, come scrive Emil Cioran, un insetto si procura invece disinvoltamente. La tempra degli insetti è poderosa, eppure lo stesso Cioran ci ricorda che, se la loro condizione avesse voce e riverbero, le nostre tragedie non sarebbero che inezie. Gli insetti ci paiono custodi di qualche insondabile segreto e nello stesso tempo così labili ed effimeri, ricordandoci pertanto, come affermava l’Arthur Conan Doyle di Sherlock Holmes, che nessuna grandezza è possibile senza la chiara cognizione della nostra piccolezza: la nostra coscienza non ci permette di assurgere ad alcuna magnificenza laddove eludiamo la consapevolezza di essere anche noi null’altro che insetti. Cosa ne pensa?

Considerazioni un po’ romantiche e un po’ filosofiche, oltre che spiccatamente antropocentriche che poco hanno a che fare col vero mondo e la realtà biologica degli insetti. Possiamo vedere triste la vita sotterranea di una termite e gioiosa quella di una farfalla che vola tra nettare e fiori, ma sono punti di vista umani: alla termite va bene fare la termite e alla farfalla fare la farfalla, perché quella è la loro natura. Anche la loro piccolezza è variabile e molto relativa: i coleotteri, ad esempio, vanno dalla taglia di un grosso protozoo (ptiliidi) a quella di un topo (dinastidi) e piuttosto stupisce che entrambi abbiano la stessa anatomia di base e la stessa complessità, indipendentemente dalle dimensioni, proprio di questo ci si dovrebbe semmai meravigliare.

Forse, potrei essere in qualche modo d’accordo sulla piccolezza di noi esseri umani e su quanto tutto sia effimero, non soltanto gli insetti; se lo ricordassimo anche solo ogni tanto, non ci farebbe affatto male! Magari ci servirebbe a ridimensionarci quel tanto che basta per tenere a bada la nostra presunzione di sentirci la specie padrona assoluta del mondo.

Il maggior sentore di continuità sembriamo però avvertirlo con le api: dalla curiosa raffigurazione ibrida della dea cretese Melissa si passa disinvoltamente alla Regina dell’episodio ZZZZZ della serie di fantascienza The Outer Limits (1964, di Meyer Dolinsky e Joseph Stefano) che, per il bene dell’alveare, riesce ad assumere forma umana allo scopo di irretire lo scienziato che cerca di comunicare con lo sciame. Se il filosofo Henri Bergson reputava le api gli animali più affini all’essere umano, in ambito ebraico gli interpreti del Talmud e del Midrash vengono paragonati ad esse poiché connettono tra loro i testi come le api i fiori, per fecondarli e farne ferace fonte di significato, così come altre tradizioni vogliono le api fornire nutrimento a saggi e santi, dispensando sapiente e sapida eloquenza; immagine corroborata dagli studi di Karl Von Frisch sull’utilizzo da parte delle api di un linguaggio simbolico prima ritenuto appannaggio prettamente della specie umana. Al netto di tutto questo, tuttavia, quali altre qualità delle api possono giustificare, secondo lei, una così vivida affezione?

I parallelismi tra società umana e società degli insetti, come nelle api, formiche e termiti, sono un classico a cui ci si rifà da sempre. Ma in realtà si tratta di organizzazioni alquanto diverse. Le api sono strette parenti delle formiche e la loro società è composta da sorelle sterili dove l’organo per deporre le uova diventa organo di difesa, il maschio serve a poco e solo la madre di tutte le altre api della colonia si riproduce. Non proprio da prendere a modello, dunque.

Però, bisogna ammettere che insetti come le api, e non solo, hanno sviluppato un vero linguaggio fatto soprattutto di odori, ma anche di suoni, come ad esempio anche nei grilli e nelle cicale.

Le api bottinatrici comunicano alle loro compagne la località dove c’è tanto nettare e polline utilizzando particolari movimenti: cioè parlano tra di loro… danzando!!!

La sopravvivenza e la prosperità di una colonia di api dipendono, quindi, dalla capacità di far circolare adeguatamente le informazioni. Le api raccolgono tali informazioni con i sensi dell’udito e del tatto. Ciò che sentono con le antenne e con le zampe permette loro di distinguere i profumi di centinaia di tipi di fiori diversi e di poterli localizzare. Per scambiarsi queste informazioni usano messaggi visivi chiamati, appunto, danze.

Per annunciare un viaggio di esplorazione, un’ape può produrre un ronzio che si sente per tutto l’alveare, facendo vibrare con forza le ali.

Gli studiosi hanno accertato che un’ape di ritorno da una ricca spedizione esegue una danza per far

sapere alle altre api dove trovare il polline e il nettare. Muovendosi in cerchio, muovendo l’addome e facendo vibrare con forza le ali, l’ape indica alle compagne la direzione da prendere per trovare l’abbondante fonte di cibo che ha individuato. È una vera e propria forma di comunicazione.

Il linguaggio, quindi, non è una nostra esclusiva, lo hanno inventato gli insetti molto prima di noi!

Inoltre, le api, come del resto anche le formiche, sono un esempio di operosità perché instancabili nelle loro attività quotidiane, percorrendo migliaia di voli di andata e ritorno dall’alveare ai fiori e producendo senza sosta non solo una delle cose più buone al mondo, il miele, ma anche la prodigiosa pappa reale, la propoli, il polline, la cera, perfino il veleno che le api usano per difendersi può venire raccolto e utilizzato dall’uomo. Infatti, al veleno vengono attribuite diverse proprietà curative. Insomma, alla luce di tutto questo, come non essere affezionati a queste portentose creature?

Attività di studio e ricerca munita di uno dei preziosi attrezzi del mestiere: un retino adibito alla cattura di insetti volanti.

Dal Mito alla Scienza: le api, le formiche e i loro segreti

Elargendoci le api il miele ed altri sopraffini ed utili prodotti fin dalla preistoria, come attestano le pitture di 9000 anni fa rinvenute nella grotta spagnola di Cueva de la Araña, abbiamo pian piano attribuito loro varie preclare prerogative come dedizione e munificenza, socievolezza e giustizia, ingegnosità e volitività, fino ad accostarle a divinità quali l’egizio Ra e l’induista Visnù, e a conferire loro, a seconda dei contesti, valenza iniziatica (il miele è d’altronde una sorta di corrispettivo dell’alchemica Pietra Filosofale) e status di modelli di perfezione a cui anelare: immagine di purezza assoluta per Virgilio, Plinio riteneva che, al contrario delle mosche, esecrassero ogni corruzione rifuggendo anche solo i cattivi odori.

Ma qual è, secondo la scienza, l’effettiva importanza delle api?

Se per api intendiamo Apis mellifera, cioè la specie che alleviamo per la produzione di miele, la sua importanza nel mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi è relativa e ha anche addirittura connotazioni negative in quanto, a causa dell’uomo che la protegge, la cura e la diffonde in gran numero, entra in competizione con le altre specie di impollinatori naturali, molte a rischio di estinzione, mettendo in pericolo la biodiversità sia degli insetti che delle piante. In altre parole: l’allevamento di Apis mellifera e il boom dell’apicoltura ora, paradossalmente, sta mettendo a rischio la biodiversità e anche l’equilibrio piante/impollinatori esistente negli ecosistemi.

Stando ai dati dell’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, il numero di alveari in tutto il mondo è aumentato di quasi il 26% nell’ultimo decennio, “passando da 81 milioni a 102 milioni”.

Le api sono soprattutto impollinatori. Ma non sono gli unici: vi sono molte specie (nel mondo abbiamo più di ventimila tipi di api selvatiche) diverse dall’ape da miele (basti pensare anche ai simpatici e pelosi bombi), e impollinano anche moltissimi altri insetti come coleotteri, mosche, persino alcune specie di zanzara, e molti altri ancora.

L’ape è un animale fantastico sia per la sua biologia che etologia, oltre a fare il miele ed essere un animale che ci accompagna proprio dal punto di vista culturale (già gli egizi allevavano le api, così come tante popolazioni in altre parti del mondo).

È un insetto che ha a che fare molto con la nostra storia, anche perché le api mellifere hanno questo comportamento sociale con un assetto organizzativo piramidale, legato alla regina, al volo nuziale, allo sciame e a tutta una serie di riti che sono di per sé molto affascinanti, quindi è comprensibile che attirino maggiormente la nostra attenzione e che abbiamo instaurato con esse un rapporto più profondo rispetto ad altre api, di cui magari nemmeno ci accorgiamo o addirittura ne ignoriamo l’esistenza.

Tutto questo, probabilmente, ha un po’ falsato la realtà e ha contribuito in un certo senso a crearne il mito.

Perciò, no, senza le api non finirebbe il mondo, come qualcuno ha detto. Ma sarebbe indubbiamente peggio: meno diversità vuol dire ambiente più delicato, meno resiliente ai cambiamenti, più fragile.

Elvira Castiglione mentre conduce la sua attività di guida del Parco Nazionale dell’Aspromonte, in Calabria.

Agli insetti è stata attribuita, nel bene e nel male, una valenza simbolica, metaforica ed allegorica estremamente ferace, che sembra sottesa da una simpatia che va di gran lunga oltre il senso di sgomento o raccapriccio. Un altro insetto il quale, indipendentemente dalle culture, troneggia e furoreggia da secoli nel nostro immaginario è la formica, nei Bestiari sapienziali presente addirittura nella sua forma primigenia e in forme ibride, come il leggendario Mirmicoleone che, secondo alcune varianti, lavorerebbe indefessamente per estrarre l’oro dai meandri della Terra. Cosa può dirci su di esse?

Le creature mitiche e gli animali fantastici sono da sempre presenti nelle leggende di vari popoli e culture.

Mirmicoleone nasce da Strabone e dalla traduzione di un passo di Giobbe nella Bibbia. Va notato che già S. Gregorio (Moralia, V, 14) aveva riconosciuto che il Mirmicoleone non era che un insetto predatore delle formiche, che quindi appariva a queste ultime feroce come lo è il leone per gli uomini: Mirmicoleone, dunque, nel senso di leone delle formiche. Ma nei Bestiari passa una interpretazione più fantastica e letterale: il Mirmicoleone è il figlio di un leone maschio che ha copulato con una formica femmina. Il Mirmicoleone nasce, quindi, con la testa del leone e con il corpo della formica.

Ma se con il Mirmicoleone si fa riferimento al formicaleone, esso è per la scienza un insetto di tutt’altro ordine (neurottero), la cui larva preda formiche e altri insetti con le caratteristiche e implacabili trappole a imbuto che costruisce scavando nel terreno. Come al solito, la fantasia umana va molto, anzi troppo, oltre la realtà, e dunque le formiche non hanno nulla a che vedere con questa figura leggendaria, tranne forse per il fatto di essere anch’esse instancabili nelle loro attività.

Le formiche comprendono specie assai diverse tra loro, anche come organizzazione sociale: si va dalle primitive ponerine che hanno caste poco differenti e ancora somigliano a quel tipo di vespe da cui le formiche si sono differenziate, alle formiche come la rufa, con caste molto differenti ma ancora in grado di sopravvivere anche come individui; dalle formiche legionarie con soldati incapaci di nutrirsi da soli, fino a formiche schiaviste e parassite. Insomma, ne abbiamo per tutti i gusti.

Parlando di formiche, immancabilmente, non posso non citare ancora una volta Edward O. Wilson, che tanto ha studiato e scritto su questi imenotteri sociali che hanno la capacità di formare colonie assai complesse e per questo tanto affascinanti. Invito a leggere i suoi bellissimi libri in merito, come Storie del mondo delle formiche, oppure Formiche. Storie di una esplorazione scientifica, o ancora Il superorganismo, solo per citarne alcuni.

Dal Mito alla Realtà scientifica: una larva di Formicaleone (Myrmeleontidae di Latreille, famiglia di insetti dell’ordine dei neurotteri), abile ed inesorabile nel catturare formiche per cibarsene, come il mitico Mirmicoleone secondo la descrizione fattane da Papa S. Gregorio Magno.

L’importanza di conoscere gli insetti, nostri compagni di viaggio

Superando, a riguardo, l’inveterato senso di ripugnanza e diffidenza insito nella nostra cultura, e in base alla sua etica per quel che concerne il cibarsi di animali, ritiene sia conveniente iniziare, come si fa altrove, ad introdurre gli insetti anche nella nostra dieta?

Negli ultimi tempi si sta parlando sempre più di entomofagia, cioè del consumo di insetti da parte dell’uomo.

Sì, sono una fonte di proteine alternativa e addirittura più sostenibile, in quanto a impatto ambientale, rispetto agli allevamenti di bestiame.

Esiste ormai tanta letteratura al riguardo. Non vi è dubbio che certi insetti (il valore nutrizionale varia molto a seconda delle specie) siano ottimi alimenti per l’umano, così nutrienti da essere altamente sconsigliabili solo nelle diete dimagranti. Premesso che qualunque cibo può procurare allergie a soggetti più sensibili, anche questo rischio appare modesto, poiché, forse non tutti lo sanno, ma noi già consumiamo la tanto vituperata chitina mangiando i funghi!!! Si è detto di tutto su questa proteina costituente l’esoscheletro degli Artropodi e i rivestimenti cuticolari di altri Invertebrati, perfino che sia cancerogena, ma allora dovremmo far scomparire completamente anche i funghi dalle nostre tavole e dalla nostra dieta, cosa naturalmente impensabile. Inoltre, nell’uomo esiste l’enzima per digerirla (chitinasi), forse più attivo nelle popolazioni già abituate a mangiare insetti. Per il resto, la chitina si comporta come fibre di origine animale molto simili a quelle della cellulosa (che invece non digeriamo per niente, eppure ce ne cibiamo normalmente).

In conclusione, gli insetti rappresentano un ottimo cibo da consumare tranquillamente.

D’altra parte, secondo la FAO, già oltre 2 miliardi di persone consumano regolarmente insetti edibili nel mondo. Il consumo di questi alimenti, intesi come parte integrante della cultura e delle abitudini culinarie, è particolarmente diffuso dalla preistoria fino ai giorni nostri in paesi quali Sud America, Africa, Asia e recentemente anche Europa, con oltre 2.000 specie riconosciute commestibili per il consumo umano nei paesi occidentali, invece, la maggioranza della popolazione rifiuta l’idea di adottare gli insetti come cibo principalmente per motivi culturali, ed è proprio questo scoglio che, in realtà, si dovrebbe superare.

Come ho già accennato sopra, le specie di insetti edibili più comunemente allevate (grilli, locuste e larve della farina) hanno benefici ambientali maggiori rispetto ai tradizionali allevamenti animali. Volendo approfondire meglio questo punto, sempre dalle ricerche della FAO emerge come le emissioni di gas ad effetto serra sono minori con una media di un 1g su un kg di peso ottenuto rispetto ai 2.850 g dei bovini e ai 1.300 dei suini. Anche l’utilizzo di suolo per produrre 1 kg di proteine è di soli 20 metri quadrati rispetto ai 45-70 dei suini. Inoltre, gli insetti hanno un’efficienza di conversione nutrizionale significativamente superiore alla carne di manzo, potrebbero essere alimentati con flussi di rifiuti organici e utilizzano meno acqua.

In ultimo, l’allevamento di insetti per ottenere ingredienti nei mangimi per animali d’allevamento, in sostituzione di farina di pesce e olio di pesce, potrebbe contribuire fortemente a ridurre l’impatto ambientale dell’alimentazione del bestiame. In poche parole, i vantaggi sono numerosi.

In realtà, non sono un alimento nuovo nemmeno per noi europei, giacché nella produzione industriale anche di pasta o farina c’è sempre inevitabilmente una percentuale di insetti.

Infatti, sono pochi gli italiani a sapere che ogni anno in media il consumo inconsapevole di insetti si aggira sui 500 g. Questi animali sono dei contaminanti alimentari piuttosto comuni, più di quanto si possa pensare, e la legge italiana ne tollera una piccola percentuale già da tempo.

Perciò, perché chiederci se mangiare o no gli insetti? In realtà, lo facciamo già!!!

Elvira Castiglione mentre si dedica all’Educazione Ambientale con un gruppo di giovanissimi.

Dal successo del romanzo di Thomas Harris del 1988 (ispiratore del celebre film di Jonathan Demme del 1991) Il Silenzio degli Innocenti (The Silence of the Lambs) fino all’altera e compassata figura di Gil Grissom (William Petersen) nella serie CSI: Crime Scene Investigation, ideata da Anthony E. Zuiker nel 2000, negli ultimi decenni a cavallo fra il secolo scorso e il corrente è venuta prorompentemente alla ribalta l’entomologia forense, prima campo molto di nicchia. Cosa può dirci a riguardo?

Conosco molto bene il personaggio di Gil Grissom, confesso che ho seguito la serie CSI quasi esclusivamente per lui, perché mi incuriosiva vederlo all’opera mentre risolveva gli intricati casi proprio grazie alle sue brillanti intuizioni da esperto in questa materia. L’entomologia forense è una branca dell’entomologia che si basa sui cicli vitali di insetti che, sviluppandosi sui resti umani, si possono sfruttare per determinare la datazione nonché le possibili cause della morte. Si tratta di una disciplina che riveste una notevole importanza nel corso di indagini giudiziarie relative in particolare a morti violente, al ritrovamento di corpi difficili da identificare oppure ormai corrotti dalla decomposizione. L’entomologia forense e le sue tecniche vengono in alcune circostanze adoperate come complementi, altre volte, invece, assumono l’importanza di fondamentali fonti di informazione.

Approfitto di questa occasione per fare un importante distinguo: in ambito giuridico, l’entomologia forense (che comprende: l’entomologia urbana, l’entomologia dei prodotti immagazzinati e l’entomologia medico-legale) trova applicazione in controversie civili e penali legate ad insetti e/o artropodi che infestano l’ambiente umano.

Per quanto riguarda l’entomologia forense medico-legale, essa si occupa di vari gruppi tassonomici di insetti (soprattutto Ditteri e Coleotteri) e tra questi le mosche hanno un ruolo di primaria importanza.

Ormai è sempre più spesso impiegata nei casi di omicidi o morti sospette, non solo perché è utile per stimare l’epoca della morte (o Intervallo Post-Mortem), ma anche perché permette di arrivare alla ricostruzione della scena del crimine.

Una delle caratteristiche più interessanti dell’entomologia forense è la sua multidisciplinarietà. Non esiste quasi nessun ramo delle scienze naturali che non possa trovare qui il suo campo di applicazione. Occorre solo migliorare lo sviluppo dell’entomologia forense, di cui la comunità scientifica ha chiaramente bisogno.

Infatti, non sempre nella realtà è in grado di dare risposte così precise come in TV o al cinema, dove tutto è costruito ad hoc e i risultati arrivano in pochi minuti. Ma bisogna ammettere che funziona, al punto che anche in Italia ora ha valore probatorio, non solo indiziario. Serve ancora ricerca, ma più si sperimenta, più si diventa precisi. In una carcassa animale, come in un cadavere umano, vi è una successione temporale di insetti diversi. Però i tempi cambiano se il cadavere è al sole o all’ ombra, in acqua o all’asciutto, in estate o in inverno, in un luogo ricco di biodiversità o in un appartamento chiuso. Servono dati per ogni situazione. Ma alla fine, delle informazioni importanti effettivamente si ricavano. Ammetto che per un po’ mi aveva perfino sfiorato l’idea di dedicarmi a questa branca dell’entomologia, ma poi, pensandoci bene, bisogna riconoscere che, quando ci si trova di fronte a certe situazioni, occorrono tanto fegato, stomaco forte e sangue freddo e ciò non è cosa da tutti, me inclusa. Un giorno, forse, se maturerò meglio questa intenzione, non escludo del tutto a priori la possibilità di provarci, ma per adesso lascio fare il lavoro ai miei colleghi (tra l’altro ne conosco personalmente alcuni) che lo svolgono più che egregiamente.

Elvira Castiglione si dedica ad una meticolosa attività di monitoraggio della Processionaria del Pino.

Un’ultima curiosità: come rilevato nel quinto quesito, fin dalla comparsa dei B.E.M. (acronimo di Bug-Eyed Monster), termine coniato per definire quegli extraterrestri che mutuano alcuni aspetti della loro fisionomia dagli artropodi, concepiti per la prima volta da H. G. Wells in particolare nel suo The First Men in the Moon, del 1901, gli insetti sono stati una presenza assidua nella fantascienza, raggiungendo tuttavia spesso dimensioni ragguardevoli decisamente peregrine, come, ad esempio, nel mirabile classico cinematografico Them!, 1954, di Gordon Douglas, ove i protagonisti devono fronteggiare il proliferare di formiche giganti. Emblematico di questa tendenza è, fra i tanti, il romanzo The Forgotten Planet, 1954, di Murray Leinster, ove il rilascio di alcune minuscole forme di vita animali e vegetali, tra cui degli artropodi, su di un pianeta scevro di particolari osticità, allo scopo di terraformarlo, produce a lungo termine un inferno di insetti e aracnidi colossali.

Quali dimensioni potrebbero raggiungere gli insetti in determinate condizioni evolutive? Ci sono limiti fisiologici connaturati alla loro possibilità di ingrandirsi?

Sì, esistono limiti fisiologici connaturati alla loro possibilità di ingrandirsi, probabilmente dovuti alla presenza dell’esoscheletro, alle mute e soprattutto ai meccanismi di respirazione. Ad esempio, gli insetti respirano trasportando ossigeno nel corpo con tubicini detti trachee. Se aumenta la lunghezza, il volume cresce esponenzialmente e servono più trachee. Oltre una certa dimensione, servirebbero tante trachee da non lasciare più spazio agli altri organi. Ecco perché gli insetti più massicci raramente superano i 10 cm di uno scarabeo Golia. È pur vero che circa 350 milioni di anni fa, nel periodo geologico del Carbonifero, volavano libellule con apertura alare di 70-80 cm, ma a quei tempi le terre emerse erano tutte ricoperte di immense foreste e c’era molto più ossigeno. Allora ne fu prodotto anche molto di quello che respiriamo ancora oggi, che è dunque in parte fossile, essendo le foreste attuali poche e quindi poco produttive al confronto. Successivamente, gli insetti giganti sparirono, quando la quantità di ossigeno nell’atmosfera cominciò sensibilmente a diminuire, portando, dunque, gli insetti alla loro dimensione attuale, decisamente più contenuta rispetto al passato.

Ma di una cosa sono certa, anche se probabilmente potrò sembrare poco obiettiva: nonostante le loro modeste dimensioni e le loro fragilità, ma proprio perché creature tra le più straordinarie, malgrado tutto, gli insetti riusciranno a sopravvivere a noi umani!

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