Alla vigilia dell’uscita nelle sale italiane di Oppenheimer, film del 2023 scritto e diretto da Christopher Nolan, che approderà da noi il 23 agosto (il 6 agosto scorso è inoltre ricorsa la commemorazione del lancio della prima bomba atomica su Hiroshima, con le sue atroci conseguenze), vogliamo provare ad alzare un po’ il velo sulle prospettive che le attuali ricerche nel campo in particolare della fusione nucleare stanno spalancano nel nostro futuro, recando nuove, inusitate implicazioni in grado di scompaginare ancora una volta le nostre anchilosate certezze. Siamo qui per affrontare l’argomento con il fisico Paolo Buratti, che ha collaborato all’adattamento italiano della pellicola di Nolan.

Vi sono più cose in Cielo e in Terra… Declamava concitato Amleto. Per provare a carpire quel che ci riserva il futuro, ci addentriamo un poco nelle nuove frontiere della fisica con l’esperto Paolo Buratti
Ricercatore di fama internazionale, ha collaborato per anni, dal 1981, con il Centro di ricerche ENEA di Frascati, occupandosi in particolare di tematiche di ricerca concernenti la fusione nucleare, nonché, più recentemente, di astrofisica. Ha condotto numerosi programmi di ricerca sul Tokamak (acronimo in lingua russa che sta per “camera toroidale con spire magnetiche”, un particolare tipo di reattore nucleare a fusione), sia dedicandosi all’esperimento italiano FTU, presso i laboratori di Frascati, che lavorando con il Joint European Tokamak “Torus”, presso Oxford, ove si è altresì distinto in qualità di responsabile delle diagnostiche e dei codici di fisica relativi alle instabilità del plasma. Con i suoi collaboratori e collaboratrici ha pubblicato oltre 10 articoli di rilevanza internazionale, e grazie ai risultati innovativi conseguiti nella mitigazione dei fasci di elettroni veloci nei Tokamaks, fonte di non poche asperità per le macchine a fusione del futuro, è stato invitato come speaker ad un meeting presso il Princeton Plasma Physics Laboratory. La sua ferace e proficua attività di ricerca ha raggiunto importantissimi risultati in diverse aree della fisica dei plasmi e dell’astronomia, come attestato dal suo H-index di 39 e dalle quasi 5000 citazioni in altre pubblicazioni. Attualmente, dopo il pensionamento, collabora ancora a programmi di ricerca volti alla produzione di energia pulita.
Innanzitutto grazie di essere qui con noi. Lei ha collaborato, coadiuvando gli adattatori tramite consigli di natura scientifica, all’adattamento italiano del nuovo film di Christopher Nolan, Oppenheimer, che “incombe” sulle nostre sale in questo 2023. In cosa è consistito esattamente il suo contributo? E che idea si è fatto della pellicola?
La direzione del doppiaggio ha seguito la buona pratica di chiedere a un ricercatore esperto di controllare che la traduzione e la pronuncia dei termini scientifici fossero corrette. In realtà i traduttori avevano già fatto un lavoro molto accurato e ben documentato, infatti ho dovuto chiedere solo due o tre minimi cambiamenti. Grazie a questo piccolo contributo ho potuto vedere l’anteprima per la stampa di questo ottimo film. Ho molto apprezzato la capacità di emozionare senza discostarsi dalla verità storica. Mi ha colpito in particolare la rappresentazione dello spavento e del tormento di coscienza di Oppenheimer di fronte alla potenza che aveva contribuito a scatenare.
Le correnti atomistiche si sono sviluppate indipendentemente, nell’antichità, in contesti diversi, in ambito ad esempio indiano e greco. Parallelamente, gli antichi miti, come quelli sumeri o indiani, hanno immaginato armi dal potere devastante, esiziale, nelle mani degli Dei (una delle ragioni per cui lo stesso Oppenheimer citava le scritture induiste). Il Medioevo occidentale fantasticava poi nei suoi Bestiari Sapienziali sui Terrobuli, qualità di Pietre Viventi dalla peculiare prerogativa: dotate di natura “femminile” e “maschile”, se accostate divampano ed ardono intensamente. Sembra quasi che gli esseri umani abbiano sempre serbato in sé l’intuizione (basti pensare all’Alchimia) delle immani forze che giacciono recondite e avvinte negli elementi naturali. Cosa ne pensa?
Mi impressiona la descrizione Terrobuli, che non conoscevo, mi sembra un’intuizione dell’antimateria. Sono affezionato agli atomisti, Democrito in particolare: hanno orientato la loro filosofia verso la ricerca di un modello capace di interpretare la realtà osservabile, aprendo la strada con molto anticipo a uno dei metodi della scienza moderna. Più in generale, dai presocratici greci abbiamo ereditato le “seduzione ionica”: il pensiero che il cosmo sia regolato da leggi universali comprensibili all’intelligenza umana. Senza questo presupposto la scienza non avrebbe senso.
Tornando ai miti, credo che i fulmini di Zeus siano i prototipi delle armi dal potere devastante, e il fuoco di Prometeo rappresenti il desiderio di impossessarsi dei poteri degli Dei, superando il timore delle conseguenti punizioni.

Le nuove frontiere del nucleare albergano fra la Terra e le Stelle: il quarto Stato della Materia
La fantascienza a partire dalla cosiddetta Golden Age, coincidente con l’era nucleare, ha offerto una pletora quasi farraginosa di declinazioni dell’energia atomica, dalle più sobrie alle più mirabolanti, talvolta riuscendo a compiere anticipazioni, come quelle concernenti l’ordigno atomico, già concepito da H.G. Wells negli anni ’10, che lo scrittore Cleve Cartmill, nel suo racconto Termine ultimo (Deadline, 1941), descrisse con tale puntualità da finire al centro di un’inchiesta dell’FBI. Tra i romanzi e racconti concernenti il tema del nucleare figura Nervi (Nerves, 1942), di Lester Del Rey, ove esso è presentato come l’ignoto più assoluto e soverchiante. Quali incognite e segreti serba ancora per noi questo campo di indagine?
L’energia nucleare estratta dalla fissione dell’uranio o del plutonio ha prodotto una serie di bombe con energia devastante, anche se intrinsecamente limitata, e diverse filiere di reattori nucleari per uso civile. La questione della sicurezza di questi reattori ha stimolato libri e pellicole (una per tutte: Sindrome cinese) più o meno terrorizzanti, fino a quando la realtà ha superato l’immaginazione con l’incidente di Chernobyl.
Viceversa, le reazioni di fusione nucleare, in cui isotopi dell’idrogeno si uniscono formando elio, sono state utilizzate per sviluppare bombe H con energia praticamente illimitata, mentre il loro sfruttamento per scopi civili, che sarebbe intrinsecamente sicuro, non è ancora stato realizzato.
Ma torniamo un attimo a Zeus e ai suoi fulmini. L’aria attraversata dalla scarica elettrica del fulmine si trasforma in qualcosa di diverso, qualcosa che può emettere i fotoni del lampo e le onde d’urto del tuono: il Plasma. Le molecole si rompono in atomi, e gli atomi perdono parte dei loro elettroni. Si forma così un brodo di particelle cariche che acquista proprietà diverse da quelle della materia ordinaria. Dei quattro elementi dei filosofi greci, il plasma somiglia al fuoco. Perché parlare del plasma? Il plasma entra in gioco ogni volta che concentriamo molta energia in uno spazio ristretto e in un tempo breve, come si deve fare per innescare reazioni di fusione nucleare. Edward Teller, considerato il padre della bomba H americana (chiamata “la super” nel film di Nolan) era un fisico del plasma, o perlomeno ha fatto lavori importanti di fisica del plasma. Il vero fuoco di Prometeo sarebbe la capacità di controllare il plasma al punto di produrre energia per scopi civili in reattori a fusione nucleare: energia sicura e virtualmente illimitata, e anche propulsori spaziali a plasma per viaggi interplanetari.
Raro, quasi peregrino sulla Terra salvo eccezioni, il Plasma è invece copiosamente presente nel resto dell’Universo, costituendo pertanto un interesse di ordine astrofisico. Lei si è occupato e si occupa ancora dello studio di questa particolare forma di materia: che ruolo, magari prorompente, potrebbe essa svolgere nel futuro degli studi sul nucleare? Quali caratteristiche peculiari presenta e quali nuove risorse energetiche potrebbe apportare?
In effetti, la Terra e gli altri pianeti sono costituiti da solido, liquido e gassoso; troviamo il quarto stato, cioè il plasma, solo nella ionosfera, oppure, momentaneamente, durante le scariche atmosferiche. Viceversa, le stelle sono fatte quasi per intero di plasma, e lo spazio interstellare ne è permeato.
Rispetto alla produzione di energia da fusione, il plasma è un po’ come i mostri che custodiscono il tesoro nelle storie gotiche: il nostro combustibile fatto di isotopi dell’idrogeno deve essere estremamente caldo per dare energia, talmente caldo da entrare nello stato di plasma. Quindi dobbiamo per forza domare il mostro plasma prima di arrivare al tesoro.
Il plasma è difficile da domare per diverse ragioni. Quella di cui mi sono occupato maggiormente è la sua capacità di muoversi in modi che non sono possibili negli altri tre stati della materia.
Vorrei fare un esempio, sperando di riuscire a usare un linguaggio non troppo tecnico. Un plasma permeato da un campo magnetico si comporta come un fascio di elastici. Più è intenso il campo magnetico, più tesi sono gli elastici. Immaginiamo di avere due elastici tesi che si incrociano formando una “X”. Se tagliamo gli elastici al centro della X e immediatamente connettiamo i tronconi di un elastico a quelli dell’altro, formando una “> <” al posto della X, otteniamo due fionde che trasformano l’energia elastica in energia cinetica. Analogamente, il taglio e la riconnessione delle linee di campo magnetico in un plasma dà luogo a una violenta trasformazione di energia magnetica in energia cinetica. Questo succede ad esempio durante i brillamenti solari. Ma la riconnessione magnetica provoca anche instabilità distruttive nei plasmi di laboratorio. Queste instabilità costituiscono uno dei maggiori ostacoli sulla strada dello sfruttamento civile della fusione nucleare. C’è molto lavoro in corso per prevenirle o mitigarne gli effetti; per collegarsi con un argomento moto dibattuto di questi tempi, si sta anche sviluppando l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale al controllo del plasma.

Il Plasma nuovo Fuoco di Prometeo: Sapere è Potere!
Inoltre – e questo è forse l’aspetto preminente – approfondire le nostre conoscenze sul Plasma equivale a corroborare le nostre conoscenze sull’Universo stesso?
La fisica del plasma entra in diversi campi di ricerca, ed è importante che ci sia collaborazione o almeno scambio di informazioni tra i diversi campi. Abbiamo accennato prima ad un fenomeno che accomuna i brillamenti solari e i plasmi di laboratorio. Abbiamo inoltre il plasma emesso dal Sole, il cosiddetto vento solare, che investe continuamente la Terra, e provoca fenomeni spettacolari come le aurore boreali. Quando il vento solare è particolarmente intenso provoca le tempeste geomagnetiche, che possono danneggiare i dispositivi elettronici a bordo dei satelliti, o, in casi estremi, possono arrivare a danneggiare le reti elettriche sulla Terra. Per prevenire questi danni si è sviluppata una meteorologia solare, con tanto di bollettini quotidiani.
Guardando al di fuori del sistema solare, abbiamo emissioni di radiazioni ad altissima energia dai dintorni dei buchi neri e dalle nebulose intorno alle pulsar; la conoscenza del plasma è indispensabile per comprendere questi fenomeni. Su scala ancora più grande, abbiamo le cosiddette bolle di Fermi, che si sprigionano dal centro della Galassia, e l’origine, ancora misteriosa, dei raggi cosmici alle energie estreme.
Gli studi sul Plasma possono elargire il proprio contributo solo alla ricerca intorno al nucleare civile o anche in ambito militare? Il dibattito, per quel che concerne entrambi i campi, è sempre concitato e fremebondo: quali sono gli aspetti precipui e cogenti e le effettive criticità per quel che riguarda l’ambito sia civile che militare?
Per chiarezza ricordiamo che stiamo parlando di nucleare da fusione, quello “pulito”, per il quale domare il plasma è indispensabile, mentre il nucleare da fissione non ha niente a che fare col plasma. La fusione nucleare avviene naturalmente all’interno delle stelle, che tengono il plasma confinato con il loro enorme campo gravitazionale. Non avendo a disposizione questa risorsa, si perseguono due strade alternative: il confinamento magnetico e quello inerziale. Nel primo caso il plasma è confinato il più a lungo possibile in grandi configurazioni magnetiche a forma di ciambella (più precisamente “toroidali”). Questo tipo di confinamento non è di nessun interesse militare, perché non può dare luogo ad esplosioni. Questa linea di ricerca è iniziata con esperimenti di singoli laboratori, ed è proseguita esperimenti nazionali (o europei). Ora si trova nella fase di costruzione di un esperimento internazionale, ITER, nel sud della Francia. Siamo ancora alla sperimentazione, ci sono diverse criticità sia fisiche che tecnologiche da superare, ad esempio le instabilità del plasma. La risposta che in genere do alla domanda “tra quanti anni avremo l’energia da fusione?” è che ancora non sappiamo se e in quanto tempo si arriverà ad avere impianti che producono energia da fusione, ma questa è un’opinione personale.
Nel caso del confinamento inerziale, si cerca di bruciare il combustibile prima che abbia il tempo di disperdersi, introducendolo in piccole capsule e comprimendolo con potentissimi fasci laser. Al Lawrence Livermore National Laboratory sono riusciti recentemente a far esplodere alcune di queste capsule, utilizzando un gigantesco impianto laser, grande quanto tre campi da calcio. Le capsule hanno prodotto più energia di quella che hanno assorbito dagli impulsi laser, e questo è stato un grande successo scientifico e tecnologico. Tuttavia, anche su questa linea siamo lontani dalla produzione industriale di energia, mentre i risultati ottenuti sono già utili per la validazione dei codici per lo sviluppo di armi nucleari.
[Estendo a chi legge l’esortazione dell’intervistato a consultare la seguente pagina N.d.R. : https://www.llnl.gov/science-technology/high-energy-density-science ]

Il Plasma come l’Idra sinuosa: la sfida è prendere al laccio le sue molte spire
Che implicazioni potrebbe avere lo studio del Plasma nello sviluppo di efficaci tecnologie atte all’esplorazione umana del Sistema Solare?
Questo è un campo molto fertile. Ci sono gruppi di ricerca e industrie, anche in Italia, che stanno sviluppando propulsori spaziali a plasma, per i quali si possono sfruttare i metodi di riscaldamento e controllo del plasma sviluppati nei nostri laboratori. Per ora si parla di plasmi scaldati con energia tratta da pannelli solari, ma ci sono anche studi concettuali che considerano plasmi abbastanza caldi da innescare la fusione nucleare per aumentare la potenza dei propulsori.
Parlando di tecnologie del plasma, non dobbiamo dimenticare di citare altri settori più terreni: nuovi tipi di acceleratori di particelle, applicazioni sanitarie, torce per lo smaltimento di rifiuti, trattamento di superfici, saldature.

Cito ancora la fantascienza per porre un quesito molto particolare: Fred Hoyle, rinomato ed eccentrico astronomo britannico, noto sia per importanti teorie come quella della nucleosintesi stellare che per la perorazione di ardite ed estrose ipotesi come quella concernente la Panspermia, scrisse fra gli altri il romanzo del 1957 The Black Cloud, ove una nube di gas interstellare sopraggiunta ad imperversante nei pressi della Terra si rivela essere una formidabile forma di vita, ignara della nostra presenza, che si libra agevolmente negli spazi interstellari senza la necessità di un pianeta ospite. Come si ritiene che possano esistere forme di vita basate sul silicio anziché sul carbonio, è stata altresì avanzata l’ipotesi che alcuni “inorganismi” possano originarsi dal plasma interstellare, scaturendo da cristalli di plasma auto-replicanti con caratteristiche analoghe al DNA. Cosa ne pensa?
Divertente il libro di Hoyle, è l’unico romanzo che io conosca in cui compaiono equazioni differenziali. C’è da dire che Fred Hoyle ha ipotizzato che la riconnessione magnetica (di cui sopra) fosse il meccanismo che permette al vento solare di penetrare nella magnetosfera terrestre, ipotesi confermata ora che abbiamo satelliti che osservano direttamente in situ la riconnessione al confine della magnetosfera.
Sulla questione della “vita”, ricordo il seminario di un collega russo che cercava di dimostrare che certi sistemi astrofisici vivono, nel senso che nascono, si nutrono, si riproducono e muoiono. Era chiaramente uno studio fatto per divertirsi e divertire, ma penso che le implicazioni filosofiche potrebbero essere interessanti.

Citando un’ultima volta la Science Fiction, un altro racconto emblematico, Un Bimbo Piange (A Child Is Crying, 1948), di John D. MacDonald, narra appunto di un algido ed austero bambino, dotato di una prodigiosa intelligenza, che annuncia di far parte di un gruppo di nuovi nati costituente un ulteriore tassello evolutivo volto a mettere in guardia e proteggere l’umanità dai rischi dell’energia nucleare. Ha fiducia nelle nuove generazioni e nella loro capacità di gestire le sfide energetiche del futuro?
Rivedo il bambino delle stelle di Clarke/Kubrik: “… ma sapeva che qualcosa gli sarebbe venuto in mente”. La loro eredità in termini di fame di energia e di scorie nucleari accumulate è certamente pesante, ma perché i bambini della fantascienza non sorridono mai? Forse proiettiamo su di loro i nostri sensi di colpa e le nostre paure. Credo che sarà faticoso, ma ce la faranno.