Valerio Mollica (da non confondere con Vincenzo) è un artista poliedrico. È noto come poeta, autore della collana “Il Creatore di sogni”. Ha partecipato come attore al famosissimo film “Gangs of New York”. Ha girato il mediometraggio “Partita mortale” premiato dl Festival del cinema di Salerno. A teatro ha lavorato sulla commedia dell’arte e sul patrimonio culturale di Ettore Petrolini. In televisione è diventato celebre per aver interpretato un Supereroe nella pubblicità del Canale digitale terrestre.

Un viaggio alla scoperta dell’arte e della poliecidrità di Valerio Mollica, tra cinema, televisione, teatro e poesia
Valerio, come regista avrai sempre dei casting aperti. Vuoi dirci che tipo di attori e attrici stai cercando adesso e per quali progetti?
La ricerca è ampia: cerco sia attori che attrici per interpretare personaggi nelle mie commedie sia compagnie teatrali intere per metterle in scena.
Per arrivare preparati al casting con Valerio Mollica, si consiglia, quindi, di leggerne un’opera, scegliere un personaggio e studiarselo. Per facilitarvi il compito, chiediamo all’autore quali sono i suo scritti più noti e facili da reperire.
Online troverete, sicuramente, la mia collana poetica “Il Creatore di sogni”. Poi, ci sono anche commedie come “Ferragosto al fresco” (pubblicata anche sulla rivista “Sipario”), “Zio è morto, siamo rovinati”, “Motore ad acqua”. Potete trovare anche “La vera storia di Lady Fire”, disponibile in tre versioni: romanzo, spettacolo e sceneggiatura cinematografica.
Puoi anticiparci qualcosa sul personaggio di Lady Fire?
È una donna forte, coraggiosa, libera e ribelle. Fa una scelta che la porta a vivere una costante sfida ai pregiudizi della società.
Parlaci un po’ della tua esperienza a Radio Kaos. Anche perché si è appena conclusa per riprendersi a settembre. È così?
Radio Kaos mi ha voluto in trasmissione. Ho proposto la rubrica “I Creatori di sogni” – chiamata esattamente così come si chiama la mia associazione culturale, la quale aspira a mettere in scena opere teatrali degli autori classici e contemporanei. Sono quindici minuti dedicati alla cultura. Ho rallegrato la rubrica con le interprerazioni dei sonetti del Belli. Le puntate riprendono il 18 settembre. Propongo Belli per colmare un vuoto che c’era attorno al suo nome, almeno quando studiavo io. Di lui, studiavamo solo quei due sonetti privi di parolacce. Ciò mi è sempre sembrata una grande ipocrisia perché, in assenza di professori, gli allievi si prendevano a parolacce. Chiedevo alla professoressa di altre opere di Belli, ma lei, per censura, me le negava. Ma si può avere una scuola così?

Che cosa ti ricordi del set di Gangs of New York di Scorsese?
Ho interpretato la parte di un uomo che scommetteva sui cani. Avevo alcune battute. Il set era fantastico, sembrava la realizzazione di un sogno, la materializzazione dell’Ottocento nell’anno duemila. Era bellissima la sensazione di far parte di un film così grandioso. Dopo aver interpretato il mio personaggio, sono tornato molto volentieri su quel set a lavorare nel backstage.
Le esperienze cinematografiche più salienti del tuo percorso?
Il film “Partita mortale” che ho girato come regista premiato al Festival di Salerno. E il cortometraggio che ho appena girato come attore. Interpreto il Gatto nella storia di Pinocchio. Per questo corto ho composto anche la canzone inedita che sarà – con variazioni – riproposta in tutta la colonna sonora del cortometraggio.
E le tue esperienze più strane e assurde, a cinema come a teatro, quali sono?
Quando ero ancora studente, ci chiudevamo dentro le aule de “La Sapienza” e giravamo un film. Siamo riusciti a completarlo, ma in Italia non è mai stato proiettato. Il papà del ragazzo che faceva il regista era un pilota d’aerei che andava spesso in Giappone. So che quel film è stato proiettato in Giappone, e qualcuno mi ha visto recitare doppiato in giapponese…
Le tue esperienze sui grandi set italiani?
Ho fatto una parte in “Zora la vampira” dei fratelli Manetti accanto a Carlo Verdone, Micaela Ramazzotti e Valerio Mastandrea; ho anche girato “La Rintree” di Francesco Salvi. Ma al cinema ho fatto poco, la mia priorità è sempre stata quella di lavorare a teatro.

Quali sono state le tappe del tuo percorso teatrale?
Iniziai a fare teatro per gioco, quando studiavo alla Sapienza. Ho fatto tre anni di laboratori teatrali. La mia formazione teatrale è stata quasi integralmente composta da laboratori e workshop. Interpretavo Pasquale Lojacono in “Questi fantasmi!” di Edoardo De Filippo. Interpretavo una parte in “Amleto in salsa piccante” di Aldo Nicolai. Dopo quei tre anni abbiamo fondato una compagnia teatrale con cui siamo stati in giro per i teatri di Roma, arrivando al Flaiano e a Sala Umberto. Dopo quei tre anni ho deciso di studiare arte e scienze dello spettacolo. E ho studiato con Quartucci, allievo di Dario Fo. E con Fiorenzo Fiorentini che ai tempi gestiva il Teatro Petrolini di Roma. E, per conto mio, studio sempre senza smettere.
Cosa ci puoi dire del tuo spettacolo teatrale “Avanspettacolo e dintorni”?
È un mio evento teatrale di cui ha parlato anche “Il Sipario”. Uno spettacolo di non facile comprensione né per il pubblico né per la critica. È costruito a quadri: i “numeri” che si susseguono in base alla scaletta prestabilita. I numeri sono esibizioni di artisti di varie arti: mimo, burlesque, giocoleria. In questa struttura ho inserito i contenuti cari a Petrolini e alla sua compagna Ines Colapietro, creatrice del personaggio di Nini’ Tirabusciò e di alcune sciantose. È un evento che ripropone l’avanspettacolo italiano di tradizione aggiungendoci i brani d’attualità di un avanspettacolo nuovo.
Fra i tuoi progetti artistici c’è anche uno che richiama le tematiche del film ‘Gli amanti del Pont Neuf” di Leos Carax (Francia, 1991). Hai finito di scriverlo?
Sì , è anche girato a metà. È la storia di Nereo, barbone del Lungotevere, che salva la vita a Nina, una ricca manager improvvisamente fallita. È un film sui valori di cui viviamo, veri o imposti che siano. E poi, in qualità di autore, vorrei dire che non esiste il tempo specifico in cui si scrive. La scrittura deve maturare, deve avere i suoi tempi. Nessuno può prevedere quanto tempo ci vorrà a ultimare un soggetto, una sceneggiatura, una storia. Io che registro le mie opere alla SIAE, so che fin qui ho prodotto un centinaio di opere suddivise fra cinema, teatro, poesia e canzoni. Ma è anche vero che ho registrato solo un decimo di quel che ho scritto. Il resto del materiale inedito è ancora da ripensare, perfezionare, completare. Per me come autore è un processo continuo. Anche perché – e chi fa soltanto l’attore non lo può capire – una volta che l’autore pubblica la sua opera, il suo lavoro di autore è finito. Io non mi pongo un obiettivo di mettere in scena un mio testo a tutti i costi. Se lo faccio, è una cosa in più. Se lo faccio, è perché mi regala emozioni.
Parliamo dell’immagine. Forse, non tutti sanno che anni fa hai interpretato in televisione il personaggio di un Supereroe. Ne avevi l’immagine. Che consiglio daresti ad attori e attrici per un’efficace gestione della propria immagine?
Ho fatto il Supereroe nella pubblicità di un Canale digitale terrestre. Ho fatto numerosi spot. In uno di questi volavo, in un altro guidavo la Fiat Cinquecento. Ho fatto il testimonial dell’avvento del digitale. Facevamo tanti eventi in giro per l’Italia. Sono diventato famoso e non potevo più uscire tranquillamente di casa. Ma ero sempre io. Solo che avevo quindici anni in meno. La sostanza del mio lavoro non è cambiata. Possono cambiare le parti: una volta facevo il Supereroe, oggi faccio il Gatto in Pinocchio. L’immagine può subire cambiamenti, ma io come attore mi sento più forte e più bravo di prima perché ho esperienza. Poi, è anche importante distinguere fra l’immagine dei social e quella cinematografica. Sono molto diverse. L’immagine dei social, grazie alla post-produzione di foto e video, è molto spesso falsa. Il cinema è un’arte, e arte è verità. Un attore e un’attrice si concentrino piuttosto sulla propria immagine cinematografica e non quella elaborata e patinata. A questo proposito, vorrei ricordare il grande Gigi Proietti a cui un giorno è stato detto: “Ti abbiamo scelto per questo film perché sei stato l’unico ad avere le foto che corrispondevano alla tua immagine reale”.