Oggi siamo andati a parlare di design, sostenibilità, bellezza e tanto altro con Gisella Borioli, fondatrice nel 2000 di Superstudio Più. A quasi 25 anni di vita facciamo il punto della situazione sull’arte del Design e su cosa ci aspetta nei prossimi anni.

Design radicale, design postmoderno, creatività e un mondo in perenne fermento. Di questo ci parla Gisella Borioli, fondatrice di Superstudio Più
Dott.ssa Borioli, grazie innanzitutto per averci concesso questa chiacchierata. Parto da lontanissimo: il design si presenta, per definizione, come quella disciplina che si occupa della progettazione di oggetti fisici, digitali o concettuali, attraverso la stesura di un progetto che coniughi funzionalità ed estetica. Ecco vorrei domandarle quanto è importante il design nella formazione sociale delle persone. Quanto il design può influire sul sentimento di piacere nel vivere la propria abitazione, piuttosto che il proprio luogo di svago o lavoro.
Il design si progetta con la mente, ma si sceglie col cuore. Non è la stessa cosa come acquistare un frigorifero o un oggetto puramente funzionale. Una sedia, un tavolo, un mobile, un lampadario per la tua casa ti deve far innamorare, ti deve raccontare una storia, farti apprezzare un talento, regalarti un ricordo. E’ una scelta che parla di te, come e più di un vestito, perché più definitivo. Visto da questo punto di vista si capisce quale sia la funzione sociale del design, e quanto il concetto soggettivo di bellezza sia importante negli oggetti intorno a te.
Lei da oltre vent’anni, guida Superstudio Più, ecco, vorrei proprio chiederle quanto e come è cambiato il design in quest’ultimo ventennio, o poco più, e se l’Italia rappresenta sempre un polo creativo di altissimo spessore.
Dal design radicale degli anni ‘70, dal design postmoderno degli anni ‘80, che hanno liberato del tutto il design dal paradigma di forma-funzione aprendo alla fantasia, è stata una esplosione di eclettismo e di libertà progettuale che ha cambiato radicalmente le nostre case non più legate a uno “stile” ma soprattutto ai desideri e anche ai contrasti. La creatività è esplosa, le aziende italiane se ne sono fatte interpreti con maestria e con intelligenza creando il fenomeno del “made in Italy” come sinonimo di qualità.

Parliamo del Fuorisalone diffuso. Vorrei chiederle come nacque l’idea nell’ormai lontano 2000, concept che andava, e naturalmente va, verso quella contaminazione in grado di ridisegnare l’espressività artistica.
Nei vent’anni precedenti il design è in un certo senso diventato “di moda”. I suoi autori hanno cominciato ad essere conosciuti da un pubblico sempre più vasto, i designer chiamati a collaborare con le aziende hanno cominciato ad arrivare da tutto il mondo. Gli show-room aprivano a presentazioni sempre più complesse, feste e installazioni comparivano qua e là per la città. La Fiera a Rho era sempre più grande e importante dal punto di vista commerciale. In questo panorama effervescente non c’era però posto per i giovani, per le piccole imprese innovative, per le aziende straniere, per i progetti più artigianali o sperimentali, per le tecnologie più avanzate, per cui gli spazi erano o troppo cari o troppo selettivi. Appena acquistata nel 2000 la ex-General Electric per farne uno spazio espositivo per moda arte design e innovazione in genere, scopro che circa 400 richieste di partecipazione al Salone del Mobile restavano inevase, e molti miei amici, giovani architetti, lamentavano l’impossibilità di parteciparvi. Ho pensato che fosse il momento di provare a colmare un vuoto, utilizzando il neonato Superstudio Più di via Tortona, ma anche il vicino Superstudio 13, gli studi fotografici di via Forcella, più lo show-room Recapito Milanese degli amici architetti Luca Fois e Manuela Ciffarelli e qualche altro spazio nelle vicinanze. L’idea di un circuito espositivo diffuso nel quartiere mi è venuta subito, da lì l’idea di ribattezzarlo Zona Tortona, pensando già ad altre future Zone… Giulio Cappellini, con la sua Cappellini, già allora azienda di design all’avanguardia che proponeva giovani designer internazionali, è arrivato subito, e con lui la formula di mise-en-scène spettacolari e, in seguito, il format “meno fiera più museo” che ci portato un grande successo e… molti imitatori. Poi Zona Tortona è diventata Tortona District, primo esempio di District del Design a Milano.
Che rapporto ha, lei con le varie fiere del mobile ed in particolare con Milano, dove svolge la sua attività.
Un rapporto di visitatore professionale occasionale. Cerco di seguire a stagioni altalenanti quelle estere perché ho poco tempo. Cerco da anni un rapporto di collaborazione col Salone – di cui siamo complementari e non competitor – nel fare di Milano la Capitale del Design mondiale, ma con scarsa fortuna. Il dialogo non si è mai veramente aperto nonostante i tanti tentativi anche con la mediazione del Comune.

Arrivo a MuseoCity, il 13 e 14 maggio si è svolto Open House Milano, se dovesse fare un resoconto dell’iniziativa, cosa ha tratto da questa due giorni dedicata all’architettura?
Io ancora non pensavo che avrei potuto raccoglierne il ruolo di presidente, ma la presidente del momento, Maria Grazia Mazzocchi, ha fatto come sempre un lavoro egregio. In soli sette anni MuseoCity è diventa una iniziativa culturale sempre attiva che fa onore alla città e che ha creato una rete di musei, spazi d’arte, archivi, fondazioni, musei d’impresa che ha raggiunto il centinaio! Open House Milano si è rivelata un’opportunità per far dialogare MuseoCity con un’altra realtà e appuntamento milanese, dimostrando che MuseoCity può diventare portavoce di molteplici forme d’Arte, non soltanto di quelle conservate all’interno dei musei. Per la prima volta, infatti, abbiamo partecipato ad una manifestazione diffusa proponendo due appuntamenti al di fuori della nostra programmazione, in una situazione per noi nuova. Il mondo dell’architettura è parte integrante della nostra Associazione: un esempio è la nostra pubblicazione del 2021 “Museo Diffuso”, dedicata alla scoperta delle opere d’arte sulle facciate degli edifici milanesi del Novecento, curata da Fulvio Irace e da Peter Hefti, entrambi membri di MuseoCity. Ed è proprio da Museo Diffuso che siamo partiti: sabato 13 maggio abbiamo proposto un breve itinerario guidato da Fulvio Irace dedicato ad alcuni palazzi storici del quartiere Porta Venezia. Il giorno seguente invece abbiamo proposto un percorso in biciletta nella zona di Città Studi, in collaborazione con Cistà, associazione che promuove la conoscenza del quartiere Città Studi-Acquabella. I partecipanti hanno così potuto scoprire 5 realtà del nostro circuito: l’Associazione Giancarlo Iliprandi, la Casa Museo Spazio Tadini, l’Atelier Carola Mazot, la Chiesa di San Giovanni in Laterano, i cui interni sono stati dipinti dall’artista Valentino Vago, e l’Archivio Negroni. Le persone hanno apprezzato tantissimo le nostre proposte e i posti disponibili sono andati sold-out dopo pochi minuti. In futuro introdurremo altre iniziative curate da MuseoCity all’interno dei tanti palinsesti ed eventi culturali che arricchiscono la programmazione della città.
Prima di salutarla e ringraziarla per il tempo dedicatomi, vorrei farle un’ultima domanda. Siamo usciti da una crisi sanitaria mondiale, siamo entrati in una crisi geopolitica. Siamo forse alla soglia di un ridisegnare i confini culturali del nostro mondo. Il design, dal suo punto di vista, in che condizione verte?
Se usciamo dall’idea del design-oggetto-per-il-presente e entriamo in quella del design-progetto-per-il-futuro entriamo nella migliore condizione di sviluppo. Ci aspettano nuovi mondi, reali e virtuali, nuove estetiche, nuovi terreni di ricerca e di conquista. Già il design è uscito dall’ambito della casa e degli ambienti della nostra vita per entrare nella scienza, nella tecnologia, nell’arte, nella salvaguardia dell’ambiente, nell’architettura, nella conoscenza at large. Per l’anno prossimo al Superstudio lanceremo il tema DESIGN FOR ALL, per invitare a riflettere, e a progettare, un design più inclusivo e generoso, che porti bellezza e fruibilità a molte più persone, tenendo conto della diversità. Lo stesso messaggio declinato in ART FOR ALL sarà la mission di MuseoCity. Vorrei essere una designer o un’artista e avere vent’anni per dare il mio contributo a ridisegnare lo scenario del mondo che verrà.
Grazie di cuore a Gisella Borioli.
(Immagine di copertina by Giovanni Gastel)