Era il 6 maggio del 1971 e Milena, allora 13enne, era attesa a casa per le 17.30 per una ripetizione di Storia. A casa non fece mai arrivo. Siamo nel quartiere di Albaro, e il tratto di strada che avrebbe dovuto compiere andava dal cuore della città (a metà strada tra Piazza Manin e Via XX settembre), a Via Antonio Mosto, dove abitava. Il fatto sarà ricordato come il Delitto del biondino della spider rossa. Oggi ce ne parla Graziano Cetara, giornalista del Secolo XIX e autore del libro Milena Sutter. Verità e misteri sul delitto del biondino della spider rossa (Minerva Edizioni).

Milena Sutter e l’incontro con Lorenzo Bozano, un evento che segnerà la morte della giovanissima figlia dell’imprenditore Arturo Sutter.
Graziano Cetara, grazie innanzitutto per averci concesso questa chiacchierata. Vista la recente pubblicazione del suo libro inchiesta “Milena Sutter. Verità e misteri sul delitto del biondino della spider rossa” (Minerva edizioni), vorrei proprio partire chiedendole di riassumere il caso che vide coinvolta per l’appunto la tredicenne Milena Sutter.
Milena era la figlia di Arturo Sutter, industriale di origini svizzere ma genovese di adozione noto al grande pubblico per la cera per pavimenti e il lucido da scarpe che produceva. Milena fu rapita all’uscita da scuola, nel pomeriggio del 6 maggio 1971, e poi uccisa. Il suo corpo senza vita fu trovato quattordici giorni dopo da due pescatori nello specchio di mare di Priaruggia, insenatura nella costa genovese di levante. Quel crimine sconvolse la città e la paura come un contagio si diffuse in tutto il Paese, accomunando famiglie di ogni estrazione sociale. La gente scese in piazza, invocando giustizia e persino il ritorno alla pena di morte. I sospetti si concentrarono da subito su un giovane sbandato di famiglia alto borghese, Lorenzo Bozano, 25 anni, passato alla storia come il biondino della spider rossa.

Parliamo di un caso che ha visto, a differenza di molti altri casi d’inchiesta nostrani, un epilogo. Lei comunque decide di scrivere un libro dove mette in luce, come riporta il titolo stesso, Verità e Misteri. A cosa si riferisce nello specifico?
Tutti hanno sentito parlare almeno una volta del caso Sutter e del biondino della spider rossa, ma quanti sanno davvero cosa accadde oltre cinquant’anni fa? Quando mi sono avvicinato a questa vicenda, ho scoperto che non era mai stata ricostruita in modo esaustivo, si potrebbe dire definitivo. Così ho deciso di trattarla come un fatto nuovo, andando alle fonti primarie, ricostruendo nei dettagli indizi e testimonianze e cercando anche i protagonisti ancora in vita. La verità, l’unica possibile dopo la morte di Bozano, stroncato da un infarto mentre nuotava in mare all’Isola D’Elba il 30 giugno 2021, è quella scolpita dai giudici nella sentenza di condanna all’ergastolo, che fu pronunciata in appello ribaltando l’assoluzione decretata dalla Corte d’assise in primo grado. Il mistero è rappresentato dai tasselli ancora mancanti, in una vicenda tragica e complessa, che diede vita a uno dei più clamorosi processi indiziari della storia giudiziaria italiana.
Secondo lei quali sono state, in questo caso, le lacune mostrate dagli inquirenti?
L’indagine fu condotta cinquant’anni fa da investigatori di razza, senza l’aiuto dei ritrovati della polizia scientifica dei giorni nostri, guidati da magistrati di primissimo piano, come il sostituto procuratore Nicola Marvulli che sarebbe diventato primo presidente della Corte di Cassazione. Fu messa insieme una catena infinita di indizi ma, pur in presenza di tracce biologiche che oggi porterebbero con il Dna a una soluzione veloce del giallo, non una prova in senso stretto fu trovata. Due le domande rimaste senza risposta: come fu convinta Milena Sutter a salire sulla spider da Lorenzo Bozano? Lei era una ragazzina diffidente e ben educata, super protetta dalla famiglia. Non sarebbe mai salita sull’auto di uno sconosciuto. E allora, la seconda domanda: i due si conoscevano? Alcuni testimoni portarono i giudici a ipotizzare una frequentazione superficiale ma pur sempre una frequentazione tra la ragazzina e il giovane sfaccendato, sufficiente a far superare la prima diffidenza all’uscita da scuola. Ma sul punto è mancata la voce della migliore amica della figlia del re della cera, Isabelle Delsaux, la compagna di classe che, sentita una sola volta dalla polizia, non diede elementi sufficienti a risolvere questa parte del mistero e poi non parlò mai più, nemmeno ai processi.

Lei è una delle principali firme di giornalismo di inchiesta, capocronista a Genova per il Secolo XIX. Vorrei chiederle cosa comporta il lavoro del giornalista d’inchiesta e di cronaca.
La cronaca, e in particolare la cronaca giudiziaria, richiede equilibrio tra passione e rigore. E poi rispetto per l’umanità dei protagonisti. Ed è proprio questo aspetto che ho cercato di privilegiare nel mio lavoro sul caso Sutter.
Torno per un attimo al suo volume. Lei che per oltre venti anni si è occupato di inchieste e cronaca nera, per la stesura del libro in oggetto si è avvalso di testimonianze e documenti fino ad oggi inediti. Come è riuscito ad entrare in possesso di tali materiali e nello specifico di cosa stiamo parlando?
Ho ritrovato e consultato i fascicoli delle indagini e dei processi, con foto, atti, documenti mai letti prima. Scartabellando negli archivi della Corte d’assise, mi sono ritrovato di fronte ai diari personali di Milena, che nessuno finora aveva trascritto e analizzato a dovere. La personalità, la storia, i sogni di Milena sono passati in secondo piano in tutti questi anni, mentre le luci dei riflettori si sono concentrate sulla figura di Lorenzo Bozano, condannato in via definitiva all’ergastolo ma prodigo di annunci, ricorrenti, su fantomatiche rivelazioni in vista di una richiesta di revisione del processo. Revisione che non chiese mai. E proprio nel tentativo di riscoprire Milena sono riuscito a intervistare la madre Flora, che in questi cinquant’anni aveva scelto di custodire il suo dolore in silenzio.

Prima di salutarla e ringraziarla per questa chiacchierata, divago dal tema centrale ma resto nell’ambito delle inchieste. Sicuramente starà seguendo il grande polverone alzatosi attorno al caso di Emanuela Orlandi, con il Senato che ha dato il via libera alla Commissione parlamentare di inchiesta approvata precedentemente alla Camera. Che idea si è fatta di questa situazione e secondo lei ci potrà essere una fattiva collaborazione tra Stato, Vaticano e Cronisti per il raggiungimento di una verità attesa da 40 anni?
Non mi sono mai occupato di questo caso, ma ho l’impressione che siano in molti ad aver paura della verità. Come semplice lettore e anche come operatore dell’informazione spero che la verità prima o poi venga fuori e che la famiglia di Emanuela Orlandi possa finalmente avere giustizia e trovare un po’ di pace.
(La foto in copertina è a firma di Emanuele Cetara)