La mente creativa dietro le linee: intervista esclusiva con il disegnatore Stefano Caselli

Non potevamo non concederci un ulteriore divagazione nell’universo del fumetto avendo l’opportunità di porre qualche domanda a un illustratore e disegnatore italiano, molto apprezzato sia nel nostro paese che negli Stati Uniti: Stefano Caselli. In primis vorrei ringraziarlo a nome di tutto lo staff, per l’assoluta cortesia e disponibilità mostrata nel concederci qualche attimo del suo prezioso tempo, fors’anche per un’amicizia che procede sin da quando chi scrive era un pusher di fumetti e lui un toxikomic.

L’espressione artistica di Stefano Caselli

Un viaggio nel mondo dell’arte sequenziale: le passioni e le ispirazioni di Stefano Caselli

Allora Stefano, intanto benvenuto nel nostro magazine, vorrei che facessi un breve accenno a come nasce il tuo amore per il fumetto, che ti ha consentito di diventare uno degli artisti italiani più apprezzati all’estero e quali sono stati i tuoi punti di riferimento.

Salve a tutti e grazie per avermi qui e grazie per le belle parole di benvenuto Mauro.

Come ogni bambino, ho iniziato a disegnare per una necessità atavica. Ricordo i pomeriggi passati a guardare i cartoni animati -sì, quei cartoni animati giapponesi anni ’80 che hanno fatto la storia- e quelle immagini tentavo di riprodurle su foglio. Poi, piano piano, ho iniziato a creare delle mie avventure ed a creare dei miei personaggi. Avevo capito che non era tanto il disegno in sé ad interessarmi, ma piuttosto il raccontare qualcosa, ed il modo più veloce ed economico per farlo era tramite i fumetti: il costo di un foglio ed una matita per creare qualsiasi cosa.

Per quanto riguarda i “punti di riferimento” non ne ho avuti di specifici. I primi anni furono caratterizzati da una sorta di bulimia verso qualsiasi cosa potessi leggere e guardare: dai manga ai comics ai fumetti Bonelli. Tutto, sempre e senza sosta. Passavo da un innamoramento verso un autore all’altro. Ricordo ai lettori che erano anni in cui internet ancora non era diffuso e per procacciarti cose da leggere dovevi cercarle e -incredibilmente- muoverti da casa; questa dimensione dava una sorta di romanticismo al tutto… la sensazione della scoperta continua.

Stefano Caselli

Tu sei cresciuto in un ambiente, quello della cultura underground romana di fine millennio, che nel corso degli anni è stata rivalutata ed ha sfornato figure importanti in tutti i settori del mondo artistico. Cosa ti ricordi di quegli anni nei quali il fumetto e non solo, era considerato una forma di sottocultura e cosa è cambiato da allora, a parte la tua fuga dalla metropoli?

A fine anni ‘90 ed inizi 2000, chi voleva disegnare o scrivere professionalmente fumetti aveva – a differenza di oggi- poche possibilità di fare la gavetta per case editrici minori. La generazione prima della nostra, molto spesso, esordiva su una delle tante testate esistenti (spesso porno\erotiche) che ti permettevano di cimentarti con le scadenze, gli editor, la redazione e ti davano una remunerazione sufficiente per poter sopravvivere disegnando.

Per noi invece fu diverso: o eri già professionalmente pronto per le testate BIG (Bonelli, Linus, Skorpio, LancioStory, Fumo di China etc.), oppure, il vuoto cosmico. Fu così che in quei tempi iniziarono a formarsi delle Fanzine che accoglievano giovani autori e davano spazio alla creatività, senza limiti. Io feci qualcosa con KEROSENE, fanzine alla quale collaborarono molti giovani autori che oggi fanno parte del mondo fumetto. Fu un’esperienza fondamentale, che mi fece capire definitivamente che il mio lavoro doveva essere fare fumetti.

Da allora è cambiato tutto. Oggi puoi pubblicare sui social i tuoi fumetti e raggiungere milioni di persone senza alzarti dalla sedia. Puoi leggere qualsiasi cosa con un click e parlare in video con l’America o il Giappone mentre stai al bar.

E quel ragazzo di appena vent’anni che correva da ogni parte per realizzare il suo sogno, oggi è dentro un quarant’enne con famiglia che ogni giorno si sveglia e ringrazia la vita per avergli concesso la forza di realizzare le sue aspirazioni. E che non smette di correre da ogni parte.

Stefano Caselli con una sua tavola (Fonte: FB Scuola Romana dei Fumetti)

Ricordo molto bene le nostre battaglie, ognuno con i propri mezzi, per emancipare la nona arte e la frustrazione nel vederla così celebrata e riconosciuta in Francia, in Giappone e negli Usa, mentre in Italia come accennato in precedenza sempre vittima di un retaggio culturale che la considerava un mezzo d’espressione banale e poco formativo. Nel 2023 com’è cambiata la percezione della “forma fumetto” nell’ambito comunicativo e culturale?

Le ricordo molto bene anche io! Noi, da fruitori dei fumetti tutti, ci rendevamo conto della profondità e della qualità di alcune produzioni, mentre gli altri semplicemente ignoravano l’esistenza di queste. Una bella storia con un messaggio universale, rimane tale indipendentemente dal mezzo che si usa per raccontarla, sia questo un film o un romanzo o un fumetto.

Ho riflettuto molto su cosa è cambiato e la risposta è semplicissima: la generazione. Quegli adolescenti che negli anni ‘90 iniziarono a leggere prodotti della nona arte, oggi sono adulti che hanno rispetto e reverenza verso quel media con il quale sono cresciuti. E non lo denigrano, ma anzi lo vogliono omaggiare come possono. Ed ecco che i giornalisti della nuova generazione parlano e scrivono di fumetti ed ecco che il fumetto diventa un’arte dignitosa come le altre.

Quindi, per farla breve: il fumetto non è cambiato. E’ cambiato chi ne parla e come ne parla.

Una Cosa, di Stefano Caselli, per Mauro Malgrande

Scrittori e artisti come Alan Moore, Neil Gaiman, Frank Miller, Brian Michael Bendis e tanti altri della Old Skool sono oggi considerati come autori dai quali attingere per le grandi produzioni cinematografiche, è una rivalutazione, una Rivincita dei Nerds o cosa?

Ci ricolleghiamo al discorso di prima Mauro: il ricambio generazionale dei produttori di Hollywood ha fatto sì che delle storie meravigliose trovassero una declinazione cinematografica. In fondo, se ci pensi, un fumetto ha già una grossa fetta di pre-produzione fatta: si ha idea della storia, del look dei personaggi, dei set, degli effetti speciali …quindi investire sua proprietà intellettuale tratta da un fumetto è meno rischiosa rispetto a quelle tratte da altri media.

Cover di Invincible Iron Man #4, Marvel

Nel 2004 insieme a Tim Seeley creasti la serie horror Hack/Slash pubblicata dalla celeberrima Image, vuoi raccontarci qualcosa sulla nascita di quell’idea e della realizzazione dell’omonimo film?

Hack\Slash è un fumetto ancora vivo e vegeto negli USA! Proprio in questo periodo stiamo producendo una nuova miniserie e ci sono altre cose in cantiere.

Io e Tim Seeley stavamo lavorando presso La Devil’s Due Publishing su diversi progetti e tra di noi scattò un’alchimia particolare quando ci incontrammo a Chicago. Ricordo che parlammo moltissimo della cultura pop e di quella horror in particolare, condividendone la passione e la fascinazione.

Tornato in Italia Tim mi sottopose questa sua idea con un incipit interessante: “ma se raccontassimo cosa accade ad una di quelle ragazze che sopravvivono alla fine dei film horror?”. La trovai geniale ed iniziammo a lavorarci. Fu un grande successo di pubblico e da allora continuiamo a dare vita ad Hack\Slash, nonostante io disegni per la Marvel e Tim sceneggi per le più grandi case editrici Statunitensi.

Per quel che riguarda il film è una lunghissima storia. Abbiamo venduto i diritti nel 2006 e da allora abbiamo letto circa 10 sceneggiature… ma allo stato attuale il film non è stato ancora realizzato. Speriamo bene per il futuro.

La sigla di Maniacks ideata da Caselli

Hai sempre avuto un rapporto stretto con la cinematografia, ricordo che girasti anche una sigla televisiva per la nostra trasmissione “Maniaks” della pioneristica emittente romana Super3, eri molto giovane e ti vedevo come una sorta di Kevin Smith. Qual è oggi il tuo rapporto con quella forma di espressione artistica? 

Il cinema è ed è sempre stato una mia enorme passione. Sono certo che se fossi nato negli USA avrei seguito quel sogno. In Italia ho sempre percepito il cinema e le produzioni come un mondo fatto di troppi compromessi ed io, sinceramente, non sono uno che riesce a farsi addomesticare facilmente. Ho lavorato per un periodo come storyboard artist per cinema e pubblicità ed in quel periodo ho avuto la conferma dei miei sospetti.

Ad oggi ho molte idee in testa che sto cercando di realizzare, poiché i tempi sono nettamente cambiati e le possibilità sono ben diverse.

PS: Kevin Smith è uno dei miei autori preferiti, quindi: grazie!

Dai primi anni del duemila hai lavorato su molti progetti della Marvel con la quale tutt’ora collabori, cosa ci puoi raccontare di questa esperienza con una major americana che vista dall’esterno sembra molto stimolante, ma credo nasconda qualche insidia.

La Marvel è una multinazionale dell’intrattenimento, super efficace e produttiva. Da newcomer devi dimostrare di essere affidabile e serio, il che significa dover accettare sfide che per un novello sono molto complesse, come per esempio le scadenze serrate. Ricordo giorni e notti sul tavolo da disegno, senza pause e senza stacchi. Ricordo litri di caffè e nervi tesissimi. Ricordo relazioni andate a puttane per questo e ricordo tanta determinazione. Ad oggi, dopo quasi 20 anni di esperienza, il tutto è più “rilassato”, potendo finalmente avere delle pretese che prima non potevo permettermi. La Marvel è una famiglia lavorativa che mi vuole bene ed alla quale devo molto, ricambiandone l’affetto e la partecipazione emotiva su ogni progetto che mi vede coinvolto.

La tua esperienza nella Scuola Romana dei Fumetti, prima come studente e successivamente come docente ti ha permesso d’incontrare molti artisti e personaggi che orbitano in quel mondo, vorrei sapere quali sono stati quelli più rappresentativi e cosa hanno in comune con te.

Sono una persona che ama l’umanità e che impara sempre qualcosa da qualcuno e la SRF è proprio il tipo di ambiente nel quale i rapporti umani vengono messi al centro di tutto. Ho imparato tantissimo dai ragazzi, riscoprendo nella loro bramosia di riuscire quello spirito combattivo che non va mai perso. Ho imparato tantissimo dai disegnatori insegnanti che orbitano intorno la scuola e come ti dicevo, da ognuno di loro ho preso un pezzo di quello che sono oggi. Per assurdo ho imparato tanto da chi aveva ed ha meno cose in comune con me: guardare le cose da punti di vista diversi è un momento di crescita importante per chi ha voglia di scoprirsi e conoscersi. Non faccio i nomi poiché sono certo che dimenticherei qualcuno e questo non me lo perdonerei.

Il team di Italiana Job Studio (fonte: Stile.it)

Avrei anche delle curiosità inerenti il progetto del 2011 Italian Job Studio, del quale entusiasticamente mi parlava l’amico comune Diego Malara.

Italian Job Studio è composto da Giuseppe Camuncoli, Riccardo Burchielli, Francesco Mattina e Diego Malara e nasce per la necessità di poter lavorare a progetti extra rispetto ai lavori che comunemente facciamo. IJS ci permette di parlare di idee, farle crescere e proporle a case editrici o società di produzione. E’ quello stimolo in più che ti fa continuamente funzionare il cervello alla ricerca di ispirazioni, spunti o suggestioni per nuove storie. E’ fondamentale non fossilizzarsi sulla propria routine per non sedimentarsi e per tenersi sempre svegli creativamente.

Per finire vorrei che ci dicessi qualcosa sui tuoi prossimi impegni o sogni nel cassetto, e in seconda battuta come vedi il futuro del fumetto, in special modo quello delle major, che sembra asservito come strumento di test marketing, a progetti di Mass Production?

Attualmente sono uno dei disegnatori del rilancio dell’universo Ultimate alla Marvel, mentre con Tim Seeley continuo a gestire Hack Slash ed altre cose delle quali non posso parlare.

Sogni nel cassetto? Creare un mio personaggio e portarlo avanti come e quando voglio io… come un Savage Dragon di Erik Larsen per intenderci. Mi piacerebbe scrivere un paio di film che ho in mente e fare da executive producer per una mia serie animata. Scrivere e disegnare una Graphic Novel che ho in mente e soprattutto trovare il tempo per fare tutto questo.

Ah dimenticavo, quali sono i 5 fumetti da salvare per il dopo bomba?

MONSTER di Naoki Urasawa

BLAST di Manu Larcenet

PILLOLE BLU Peeters

MAUS di Spiegelman

SPIDER MAN TORMENT di McFarlane

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