Il 26 giugno del 1975, Indira Gandhi, stabilisce un governo autoritario in India, sono anni di forti repressioni

Indira Gandhi, figlia di Jawaharlal Nehru, divenne la prima donna Primo Ministro dell’India nel 1966. Durante il suo mandato, si verificò un periodo di instabilità politica e tensioni sociali nel paese.

La controversa figura di Indira Gandhi

Una delle figure più controverse della politica indiana. Indira Gandhi fu infatti l’artefice di un governo autoritario che introdusse fortissime censure per i media e azioni repressive nei confronti di molti oppositori politici

Nel corso degli anni ’70, Indira Gandhi prese una serie di decisioni politiche che portarono a una maggiore centralizzazione del potere e a un governo più autoritario. Nel 1975, durante il suo secondo mandato come Primo Ministro, dichiarò uno stato di emergenza nazionale. Durante questo periodo, la democrazia indiana fu sospesa e furono imposte severe restrizioni alle libertà civili.

Durante l’emergenza, furono adottate misure repressive per reprimere l’opposizione politica e la libertà di stampa. Molti oppositori politici furono arrestati e imprigionati senza processo, i media subirono censure e venne introdotto un controllo autoritario sulle istituzioni governative. Queste azioni hanno suscitato forti critiche sia in India che a livello internazionale.

Tuttavia, l’emergenza fu revocata nel 1977 e le elezioni generali tenute nello stesso anno portarono alla sconfitta del partito di Indira Gandhi, il Congresso Nazionale Indiano. Successivamente, Indira Gandhi tornò al potere nel 1980 e governò fino alla sua tragica morte nel 1984, quando fu assassinata da due delle sue stesse guardie del corpo.

È importante notare che la gestione autoritaria di Indira Gandhi durante l’emergenza è stata ampiamente criticata, ma la sua eredità politica e il suo impatto sulla storia dell’India sono complessi e dibattuti.

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