Per l’anniversario dei quarant’anni esatti dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, ho voluto entrare più approfonditamente all’interno di un altro caso, uno che è considerato satellite delle vicende di Emanuela: sto parlando della scomparsa di Mirella Gregori. La coetanea della Orlandi sparì nel cuore di Roma appena quaranta giorni prima, il 7 maggio 1983, e da allora non abbiamo più avuto sue notizie. Ce ne parla meglio Mauro Valentini, scrittore e giornalista pluripremiato, che con la sua inchiesta “Cronaca di una scomparsa” (Armando editore, 2018) tratteggia con dovizia di particolari le indagini relative alla scomparsa della quindicenne romana.
Grazie di cuore, Mauro, per il tuo impegno, per l’interessante opera che ho avuto il privilegio di leggere e soprattutto per la tua disponibilità a rilasciare questa intervista. Entriamo subito nel vivo: il collegamento tra le vicende di Emanuela e quelle di Mirella. Qual è la tua posizione a tal proposito?
La novità di lettura del caso Gregori è quella di considerarlo separato dalle indagini sulla scomparsa della Orlandi, mantenendo quindi le ricerche centralizzate nell’arco di azione di Via Nomentana, dove Mirella abitava con la famiglia. È un delitto probabilmente casuale avvenuto alla conclusione di un incidente senza alcuna premeditazione, forse addirittura tra ragazzi della medesima età o quasi. Dobbiamo considerare che all’epoca era tutto molto diverso da oggi, lo stile di vita di una quindicenne come Mirella, molto protetta e amata dalla famiglia, aveva un raggio di azione cortissimo. Si può dire, da coetaneo di Mirella e romano, che avevi il quartiere tra le mani, non l’intera città. Per cui si può presumere che tutto sia avvenuto nell’arco di quei cinquecento metri, massimo un chilometro, che da Via Nomentana si andava verso Porta Pia e il monumento del Bersagliere o Villa Torlonia.
La sventura di Mirella, letta adesso a posteriori, è stata la foto con Papa Giovanni Paolo II perché, finendo su tutti i principali quotidiani d’inchiesta, ha dato lo spunto a chi ha concorso a depistare le indagini su Emanuela Orlandi di creare questa associazione con Mirella. Da quel momento in poi, le indagini su Mirella sono completamente finite. Si pensava che trovando la causa e sciogliendo la matassa della scomparsa di Emanuela, si sarebbe automaticamente risolto anche il mistero Gregori. Cosa che, ancora, purtroppo dopo quarant’anni, non è successo.

Torneremo a parlare dell’associazione Mirella-Emanuela perché ci sono molti attori in questa vicenda che concorrono in comune. Ma torniamo un passo indietro, alla Roma di quegli anni che ci hai accennato. Com’era vivere nella capitale? Quali erano i suoi rischi? Si parla di anni in cui si sono succeduti, in ordine cronologico, un attentato al Papa, la vicenda del rapimento di Antonella Vitale, quella dell’omicidio di Regine Guttermayr, gli annunci su “Il Messaggero” di un rapimento e richiesta di contatto di un certo S.R., tutto il sistema della “tratta delle bianche” e, non da ultimo, la scomparsa di Mirella ed Emanuela.
Nel 1983 Roma era una città violenta, che aveva abbandonato l’emergenza del terrorismo, ma ne aveva in seno un’altra: quella delle violenze sessuali, soprattutto nei confronti dei minori. Ci sono tantissime scomparse di minori, in quel momento era facile concorrere in un’azione illegale a persone più indifese e fragili, come potevano essere Mirella ed Emanuela. All’epoca non era come oggi, con un sistema di telecamere a migliorare la rete di sicurezza, fare un’azione da predatore sessuale era molto più semplice e Roma era in piena emergenza. Mirella è stata vittima di questa emergenza.
Parliamo di quel giorno, il dannato e assolato 7 maggio 1983. Mirella, come una normale quindicenne, torna a casa da scuola intorno alle 14. La sua vita viene sconvolta dal suono del citofono, quando la madre Vittoria la prega di rispondere. All’inizio titubante -e nel tuo libro sono ben evidenziati i dialoghi- Mirella non sa chi vi è dall’altra parte. Soltanto al termine emerge il nome di Alessandro, un suo compagno delle scuole medie. È così che Mirella scompare. Senza prendere la giacca e la borsa, con un appuntamento al Monumento del Bersagliere per circa le ore 15.00. Da lì, si sono perdute le tracce.
Non possiamo avere la certezza che Alessandro sia effettivamente l’amico della scuola media. Non abbiamo però motivo di dubitare di Mirella, la ragazza era assolutamente sincera quando ha detto alla madre che al citofono era Alessandro. Non è un nome che le avrebbe spalancato le porte di un’uscita segreta. Se Mirella avesse avuto qualcosa -o qualcuno- da nascondere, avrebbe detto nomi più conosciuti a casa Gregori. Mirella stessa è titubante se scendere o meno, è perplessa da questo Alessandro, tanto che dice: “Se non mi dici chi sei, riattacco”. Se però non fosse stato Alessandro a parlarle, deve essere stato qualcuno che lo conosceva bene, che sapeva che avrebbe trovato un consenso a far scendere Mirella pronunciando quel nome. La fiducia è stato l’elemento che ha tradito Mirella, che l’ha fatta incedere volontariamente a quello sfortunato ed enigmatico destino di scomparsa che adesso conosciamo tutti.
Tra l’altro, la madre Vittoria chiama quel giorno stesso Alessandro della scuola media e lui non è in casa, ma da amici. Sarà lui a richiamare casa Gregori, affermando che non vede Mirella dalla fine delle scuole medie, due anni prima. Ma agli inquirenti dice che non la vede da cinque mesi. Un’incongruenza che è passata inosservata.
Lui potrebbe avere delle informazioni che sarebbe interessante chiedergli ancora adesso. D’altronde la galassia delle amicizie di Mirella non è mai stata analizzata. Si può dire che Mirella non è stata mai cercata davvero. Non è una donna che si può ritenere avere avuta una doppia vita, la sua cerchia era molto ristretta da ragazza timida quale Mirella è sempre stata.
E sulla cerchia delle amicizie, quello che mi salta subito in mente è un altro nome: Sonia, la migliore amica di Mirella, la figlia dei proprietari del bar sotto casa dei Gregori. Molto è stato detto su Sonia, ma riannodiamo il filo insieme.
Tutti i ragionamenti convergono sempre sulla figura della migliore amica di Mirella, ovvero Sonia. Dobbiamo ricordarci che Sonia è stata prosciolta dall’accusa di reticenza. È lapalissiano che sia la persona con cui Mirella passa più tempo. Forse, all’epoca, vuoi per ingenuità di giovinezza, vuoi per lo shock della scomparsa della migliore amica o per paura di qualche ritorsione, è possibile che le sia sfuggito qualche elemento che avrebbe potuto costituire una traccia fondamentale nella risoluzione delle indagini. Sonia conosceva benissimo i movimenti di Mirella. Nell’immediatezza dell’accaduto -anche se poi ritrattato-, la sorella di Mirella, Antonietta, ricorda che Sonia le aveva detto che Mirella sarebbe andata a Villa Torlonia a suonare la chitarra con degli amici. E Antonietta, la sera del 7 maggio 1983, insieme al fidanzato Filippo e a due guardie che si trovavano nei paraggi, va effettivamente a cercare Mirella a Villa Torlonia.
Un’altra domanda che sorge è: chi erano questi amici?

Poi arriva il 22 giugno 1983, che segna la scomparsa di un’altra quindicenne, stavolta cittadina vaticana: Emanuela Orlandi. Dopo timidi articoli di giornale, ci pensa l’Angelus del Papa a portare attenzione internazionale all’evento. Ed è il momento che il destino di Mirella si congiungerà per sempre con quello di Emanuela. Il primo articolo di associazione esce per “Il Tempo”, a cura di Gianni Sarrocco con il titolo: “Emanuela e Mirella: due storie parallele”. A quel punto entrano in gioco piste infinte, come quella del terrorismo internazionale ad opera dei Lupi Grigi, dei Komunicati del fronte Turkesh per la liberazione di Alì Agca, l’attentatore del Papa, la figura dell’Amerikano fino alla richiesta di amnistia da parte di Pertini.
Pertini in maniera oculata riceve Vittoria, la madre di Mirella al Quirinale e non dà seguito alle richieste farneticanti dell’Amerikano. Chi ha telefonato ad avvocati, alle famiglie, ai giornali per arrivare anche alla CBS, in realtà non ha mai visto Mirella ed Emanuela, ha giocato una partita sporca.
Quell’ “infame” dell’Amerikano, poi, non potendo più gestire il castello di bugie su Mirella decide di annunciarne la morte, abbandonando ogni velleità di sfruttare il caso Gregori per i propri scopi. Inventa che Mirella è morta e che addirittura restituirà il corpo.
Però, in quei giorni frenetici di settembre 1983, accade qualcosa di inaspettato: una telefonata al Bar Coppa d’Oro, dei genitori di Mirella, in cui l’interlocutore detta con precisione -eccezion fatta per il materiale della maglietta- l’abbigliamento che indossava Mirella il giorno della scomparsa. Che valore ha questo elemento?
La telefonata costituisce un unicum nel caso Gregori-Orlandi. C’è finalmente qualcuno che pare avere informazioni di prima mano. Tuttavia, dal giorno successivo alla telefonata, coloro che continuano a chiamare non fanno più riferimento a quelle informazioni. Chi chiama non sa che qualche giorno prima qualcuno ha parlato dei vestiti di Mirella. Ergo, chi telefona dopo non è lo stesso che ha chiamato quella volta. È un gruppo che si diverte per motivazioni più disparate, dalla pura follia, al depistaggio internazionale, come ha ammesso un generale della Stasi riguardo ai komunicati, fino alla notorietà. Quella telefonata non ha più un seguito, il mistero è proprio lì. Chi ha chiamato è diverso da chi chiamava prima e da chi chiamava dopo, perché lui sapeva delle cose di cui gli altri erano all’oscuro.
Passano otto lunghi anni da quel 1983. Vittoria viene chiamata a sostenere un’altra prova durissima: il riconoscimento di un uomo di sicurezza del Papa, che ha visto parlare con Mirella al bar della migliore amica. Raoul Bonarelli. Alla fine Vittoria non confermerà la sua precedente dichiarazione, ma Bonarelli viene comunque intercettato in due chiamate: una con un superiore e un’altra con la moglie. Qualcosa dice, ma, anche in questo caso, non accade niente.
Non posso escludere che Bonarelli sappia qualcosa sul caso Orlandi per contiguità con il Vaticano. Credo però che con il caso Gregori non c’entri niente in senso diretto, però avrebbe potuto dare un aiuto investigativo perché da bravo uomo di sicurezza conosceva benissimo il territorio dove abitava, ovvero a circa centro metri da casa dei Gregori. Avrebbe potuto aiutare ad indirizzare le indagini verso qualche ambiente torbido all’interno del quartiere e -perché no?- anche della parrocchia che Mirella frequentava.
Purtroppo, il caso rimane ad oggi, dopo più di quarant’anni, insoluto. Noi non possiamo far altro che raccogliere le preghiere di Antonietta e incitare chi sappia qualcosa a parlare, nella speranza che una famiglia distrutta trovi delle risposte che si merita. Un pensiero va ai Gregori tutti, agli Orlandi, alle vite di quindicenni di Mirella ed Emanuela. E un grazie va a te, Mauro, per averci parlato così liberamente di queste vicende che hanno toccato l’Italia intera, generazione dopo generazione.