Valentina Petri, classe 1977, è docente di Lettere all’Istituto Francis Lombardi di Vercelli. Un lavoro che vive con passione e dedizione, e che racconta da anni nella sua pagina Facebook “Portami il diario”, con oltre 90000 follower, da cui è stato ispirato un omonimo romanzo nel 2020, seguito da “Vai al posto”, edito nel 2022, entrambi per la casa editrice Rizzoli. L’abbiamo intervistata a proposito degli esami di maturità, punto di svolta e rito di passaggio all’età adulta per migliaia di studenti ogni anno.

Valentina Petri, insegnante e scrittrice celebre su Facebook grazie alla sua pagina “Portami il diario”, ci parla della maturità.
Valentina, sta per cominciare la maturità. Lei sarà impegnata come commissario? In che tipo di istituto?
Quest’anno no. Ho portato una quinta odontotecnici alla maturità, ma nel mio Istituto, il Professionale Francis Lombardi di Vercelli, italiano è materia esterna. E non mi hanno chiamata come commissaria, quindi resto in panchina a trepidare per i miei maturandi. Non amo essere commissaria e dover valutare degli sconosciuti, ma neppure viverla a distanza è bello, mi sembra che manchi qualcosa.
La maturità 2023 ci ha riportato alle modalità pre Covid. Come la vivono i suoi studenti?
I miei? Da perfetti incoscienti. Certi giorni. Alternandoli a giorni di panico totale. Come un po’ tutti. Certi giorni si lamentano perché avranno una maturità diversa dai compagni dello scorso anno, certi giorni sono carichi a molla e non vedono l’ora di iniziare. Con o senza scritti, con le commissioni interne o esterne, la paura di arrivare lì e fare scena muta è sempre palpabile. Poi però parlano, parlano eccome.
Secondo lei, cosa rappresenta la maturità per uno studente?
Sul momento una grandissima rottura di scatole. Un ostacolo, un inciampo, uno scoglio, una montagna. Ma è anche una grande esperienza condivisa, qualcosa che va fatta per poi poterla raccontare, un momento di crescita o soltanto la prima volta in cui ci si trova faccia a faccia con l’ultimo salto prima del futuro, quello vero. Possiamo anche abolirla, riformarla, cambiarla, ma la fine delle superiori è comunque un passaggio obbligato.

Un consiglio ai ragazzi, per affrontare al meglio la maturità.
Affrontarla per quello che è: un esame. Il primo di tantissimi, ma solo il primo. C’è una vita intera per dimostrare quello che si vale, per aggiustare il tiro, per costruire il futuro. Il numero con cui si esce è solo un numero. Certo, importante. E per affrontarla al meglio bisogna arrivarci preparati, consapevoli, ma anche quel tanto incoscienti da non farsi schiacciare dall’ansia. Ah, e bisogna arrivarci vestiti bene.
Ogni anno si cerca di indovinare l’autore che sarà coinvolto nei temi di italiano. Ha qualche previsione?
Non c’è come dare un autore per favorito per “bruciarlo”, come a Sanremo. Lo scorso anno Verga e Pascoli. Quest’anno tutti dicono D’Annunzio o Manzoni. Io mi astengo, oppure butto un Montale che era il grande atteso della mia maturità.
Mi racconti un ricordo della sua maturità.
La mia? Maturità classica 1996. Sapevo fare una cosa sola. Il tema. È uscito un passo dei Promessi Sposi da commentare, ma c’era anche una bellissima traccia sugli Ulisse in letteratura. Sono stata in ballottaggio con me stessa per venti minuti. Poi per sicurezza ho scelto Manzoni. Ma ogni volta il mito di Ulisse in classe lo spiego mille volte, cercandolo in ogni autore, da Dante a Foscolo, da Pascoli a Saba, quasi a risarcire la me stessa diciottenne che non ha osato buttarsi sulla traccia dell’eroe.