Caso Orlandi: dati di fatto e supposizioni. Riavvogliamo il nastro con Fabrizio Peronaci – Seconda parte

Chiudiamo la nostra intervista sul Caso Orlandi, raggiungendo il presente e quanto abbiamo da attendere dalle nuove inchieste in essere

Prosegue il nostro confronto con Fabrizio Peronaci, Capo Servizio della sede di Roma del Corriere della Sera, sul Caso Orlandi, sulle nuove piste, presunte o effettive, e su quanto di mediatico si stia sviluppando in questo ultimo periodo. Sempre in attesa che si giunga alla decisione di avviare o meno una nuova Commissione Parlamentare di inchiesta, attualmente la maggioranza di centrodestra in Senato ha frenato, a seguito sembrerebbe, come riportato da varie testate italiane, della bufera suscitata dalle dichiarazioni di Pietro Orlandi su Papa Wojtyla, proviamo a ripercorrere quanto fatto negli ultimi 40 anni di indagini e quanto si potrà fare alla luce dei nuovi sviluppi.

Una foto d’epoca che ritrae uno dei molti manifesti affissi a Roma

Fabrizio, eccoci. Eravamo rimasti ai possibili moventi celati dietro al rapimento e come questi si potessero legare alla figura di Emanuela. Quello che vorrei domandarle ora, è quanti sono stati, a suo giudizio, i depistaggi rintracciabili in questi 40 anni di inchieste e, sempre a suo dire, chi potrebbe esserne reputato responsabile.

Partiamo con dire che il depistaggio viene messo in opera quando ci si avvicina un po’ troppo alla verità. Ciclicamente, quando si sono trovati dei riscontri evidenti come quelli che ho precedentemente elencato (intervista parte 1), ma anche quando si è parlato con un po’ di insistenza della pista economica, della pista dei soldi, non dimentichiamo che chi comandava lo IOR, Marcinkus, è finito sotto accusa per bancarotta e ha terminato i suoi giorni come vice parroco in uno sperduto paesino degli Stati Uniti, la cosa dovrebbe far sufficientemente riflettere; ecco, dicevo, quando in certe fasi si è evidenziata la presenza di riscontri che andavano nel senso della pista economica e anche della pista internazionale, è sempre intervenuto qualcosa o qualcuno che rallentasse, se non arrestasse completamente, il processo messo in atto. L’intervento di supposizioni, non suffragate da fatti, credo sia il vero e proprio depistaggio. In tale direzione mi sento di inserire anche la pista che ha portato a parlare di pedofilia. Quando si è andato troppo avanti, si è tirata in causa una questione che oramai la Chiesa ha abbondantemente assimilato, e con la Chiesa, ahimè, tutti noi: mi riferisco a quella della presenza di deviazioni in ambito sessuale all’interno dell’organizzazione Chiesa. Parlo di depistaggio, perché oramai non fa più alcun scalpore immaginare una connessione linguistica e fattiva tra Chiesa e pedofilia, non dimentichiamo lo scandalo dei preti pedofili a Boston nei primi anni 2000: la Chiesa, in quel contesto, ha dovuto fare i conti con uno scandalo che aveva coinvolto 450 preti, quindi parlare, dopo quel fatto, di pedofilia non è una cosa che, oggi, sposti più di tanto l’opinione pubblica, e se a questo aggiungiamo che sulla Orlandi e sulla Gregori non c’è neppure mezza prova che possa trattarsi di pedofilia, non è uscito mai nemmeno un elemento che facesse ritenere con un certo riscontro che fossero state avvicinate e irretite da qualche persona, fossero presenti a qualche festino, invitate in qualche dimora di lusso, allora che senso ha parlare con insistenza di pedofilia? Il fatto inconfutabile è che non vi è alcunissima prova in merito. E’ uno scenario, a mio avviso, che è utilissimo per allontanare dai veri nodi di questa contesa. Tirare su un polverone dal quale non uscirà niente, poiché non c’è alcun indizio che possa far intendere la pedofilia come un movente, rischia di far salvare chi sta ancora in finestra, dopo così tanti anni, a vedere come chi di dovere non riesca a prendere i rapitori della Orlandi e della Gregori. Piccola annotazione a margine: non si riescono a prendere i responsabili, anche se uno, in realtà, lo avremmo tra le mani. Marco Accetti era presente sui fatti, discorso più che appurato, eppure facciamo finta che non ci fosse, questa è la cosa bizzarra di questo paese. Noi abbiamo colui che consegna il flauto, colui che faceva le telefonate, colui che conosce dei passaggi cruciali della vicenda ed è tutto agli atti, e facciamo finta di non vederlo o, comunque, lo facciamo passare per altro, lo facciamo passare per pedofilo, quando, come detto, non vi è alcuna prova in questo senso. Fortunatamente, Marco Accetti è finito adesso sotto inchiesta per un giallo che è collegato all’omicidio di Katty Skerl, avvenuto pochi mesi dopo la scomparsa della Orlandi e della Gregori, e lo stesso Accetti si è dimostrato anche in questa occasione molto informato: lo scorso anno, infatti, è stata aperta la tomba di Katty Skerl e non è stata trovata la barra della ragazza, accadimento che il fotografo romano aveva anticipato in tempi ancora non sospetti. Ora, fortunatamente, è sotto inchiesta per questa vicenda ed è fuori discussione che proprio la vicenda Skerl, nei prossimi mesi e anni, ci farà tornare a parlare anche della vicenda Orlandi-Gregori, poiché nessuno mi toglie dalla testa che siano casi collegati. Il mio unico auspicio è che tirando il filo sulla morte di quella povera ragazza strangolata a Grottaferrata a gennaio dell’84, si possa riavvolgere tutto e capire sino in fondo quali siano le ragioni e chi siano stati i responsabili del rapimento Orlandi-Gregori.

L’amica di Emanuela Raffaella in occasione del confronto a Chi l’ha visto?

Diversi dubbi, si sono posti negli anni, anche sulle dichiarazioni delle amiche di Emanuela e Mirella, ma quello che è sembrato, e questa è un’analisi del tutto soggettiva, è che poi non si sia dato sufficiente seguito ai dubbi manifesti sulle dichiarazioni di queste ragazze. Si trova concorde con tale supposizione?

Mi trovo molto più che concorde. L’approfondimento sulle amiche di Emanuela, così come su quelle di Mirella, è stato molto deficitario, ma credo sia successo perché sia Raffaella Monzi, la quale raccontò l’ultimo contatto con Emanuela davanti la scuola a Sant’Apollinare, sia Sonia De Vito, amica di Mirella Gregori, che aveva il bar sotto casa della ragazza e che secondo varie testimonianze incontrò Mirella proprio il giorno in cui questa scomparve, hanno avuto notevoli problemi, se vogliamo chiamarli così, dalla loro testimonianza. Raffaella, partiamo da lei, fu pedinata a lungo, fu oggetto di minacce e frasi a lei bisbigliate camminando per strada, del genere: Sei bellissima, fuggi con me… da scioccarla al punto tale che ancor oggi, dopo quarant’anni, questo shock non è stato ancora elaborato. Potremmo senza dubbio definirla una delle vittime collaterali della vicenda Orlandi-Gregori. E questo per aver avuto la sfortuna di essere depositaria di qualcosa che probabilmente scotta, qualcosa che probabilmente le ha raccontato Emanuela e che non ha potuto riferire, poiché in qualche modo oggetto anch’essa di pressioni; e l’identica circostanza vale per Sonia De Vito, che oltre alla bugia raccontata secondo la quale Mirella si sarebbe recata verso Villa Torlonia, e già qui ci dovremmo domandare perché raccontare tale menzogna, fu talmente restia ad aprirsi da essere addirittura indagata per reticenza. E’ evidente, anche in questo caso, che siamo davanti ad una persona che probabilmente sa delle cose che non possono essere dette. Ma qual è il nodo vero della questione? Entrambe le ragazze, parlo di Mirella ed Emanuela, non furono sequestrate con una pistola puntata alla tempia e caricate su una macchina, in un blitz improvviso, tutt’altro. Dai fatti che si presentano, furono allontanate con una trappola nella quale poverine caddero per la loro ingenuità di quindicenni, furono allontanate con un tranello ideato da una regia che stava alle spalle, portata avanti presumibilmente da giovanotti di bella presenza, poiché non sarebbe verosimile immaginare che una quindicenne si metta a chiacchierare con una persona adulta, magari anziana, quindi, probabilmente, ci dobbiamo rifare a qualche giovanotto che faceva parte dell’operazione, magari come semplice elemento operativo capace di portare fino in fon fondo questa strategia di aggancio. E qui, io non posso che ripensare a quel Marco Accetti, ventisettenne all’epoca, di bell’aspetto, con una parlantina molto sciolta, ricco e sempre circondato di ragazze, vista la sua attività di fotografo, e d’altro canto fu lui stesso a raccontare di essere stato davanti a casa di Mirella quando uscì il giorno in cui è sparita ed è lui stesso ad aver raccontato di essere stato uno degli operativi dell’allontanamento da casa di Emanuela Orlandi, passando con lei alcuni giorni prima che venisse poi portata da altre parti. Quindi, ritornando alla domanda originaria, hai colto sicuramente un elemento molto importante del doppio giallo, e mi riferisco a quello di voler porre in luce il ruolo delle amiche.

Cardinali

A gennaio di quest’anno è stato riaperto il Caso di Emanuela Orlandi per volere di Alessandro Diddi, promotore della giustizia vaticana, e della Gendarmeria. Il tutto si dice per quella ricerca della verità e della trasparenza voluta da Papa Francesco. Che idea si è fatto in merito?

Il Vaticano di Papa Francesco, rispetto ai pontificati precedenti, è maggiormente spinto nella ricerca della trasparenza, anche rispetto a vicende torbide come queste. In tale direzione, Papa Francesco è un grande innovatore, rispetto ai precedenti Ratzinger e Wojtyla, quindi, immagino che l’apertura dell’inchiesta di gennaio scorso sul Caso Orlandi, per noi in Italia, inscindibile dal Caso Gregori, sia più che inquadrabile in questa nuova linea della Santa Sede. Però sarei cauto sulla reale portata di quello che potrà fare il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, riguardo a un caso così complesso. Il Vaticano non ha forze investigative e giudiziarie tali da sostenere un’inchiesta così imponente. Se si volesse fare un’indagine seria, bisognerebbe ripercorrere gli atti dei primi 14 anni dell’inchiesta uno e in secondi 8 dell’inchiesta due, accorpare questi 22 anni di accertamenti svolti dalla magistratura italiana, aggiungere tutte le informazioni venute fuori dal 2015 in poi (anno in cui si chiuse definitivamente il percorso volto alla ricerca della verità), e capire a che punto si è. Per tale motivo credo che il Vaticano non abbia assolutamente gli strumenti per affrontare un lavoro così approfondito. Il gesto dell’apertura dell’inchiesta lo inquadro più nel contesto della valenza simbolica, come per dire: ecco qua, siamo aperti ad indagare, e già questo ha comunque una sua importanza, è un gesto più che meritorio, non fosse altro che davanti a un’inchiesta aperta, qualora si presentasse un testimone, non è che si può far finta di niente, non puoi mandarlo indietro senza ascoltare cosa abbia da dire. Non mi aspetto però di trovarmi difronte ad una inchiesta gigantesca, speriamo naturalmente di sbagliare e che possa uscir fuori, invece, qualche sorpresa da lasciarci a bocca aperta, certo è che se non si farà oggi qualche passo in avanti sulla vicenda Orlandi-Gregori sarà difficile farlo in senso generale.

Da un Papa all’altro. Mi riferisco all’audio shock portato all’attenzione dei media e non solo, da Pietro Orlando, fratello di Emanuela, che porrebbe estrema attenzione sul fatto che Wojtyla, assieme ad altri monsignori polacchi, sarebbe interessato da un caso di pratiche sessuali. Dal suo punto di vista reputa l’audio attendibile e che idea si è fatto di questa possibile nuova sfaccettatura.

Io con Pietro ho avuto un rapporto di grande vicinanza, specialmente all’inizio della nostra avventura nel 2010/2011 scrivendo il libro Mia sorella Emanuela e anche successivamente, nelle battaglie che si aprirono in quegli anni; con grande lealtà, pubblicamente, gli ho sempre esposto i miei dubbi sul fatto che desse credito a troppe piste, che proprio perché eccessive, finiscono per diventare nessuna. Gli ho sempre detto che a mio avviso, fosse importante andare a discernere le piste che avessero in sé dei riscontri per poter venire a capo della vicenda, da quelle che fossero semplici supposizioni. Su questo fatto, cosa vuoi che ti dica. Certo che queste uscite fatte su Papa Wojtyla mi hanno lasciato davvero sconcertato, e anche questo gliel’ho detto con lealtà. Ho trovato assolutamente fuori luogo accusare una figura amata da milioni di persone, come è Papa Giovanni Paolo II, di condotte a dir poco opache se non criminali, come sarebbe qualora venisse fuori il suo interessamento in giri a sfondo pedofilo, senza avere in mano indizi certi e definiti. E’ un rischio troppo grande e che credo non porti a nulla. Buttarlo lì così, senza avere uno straccio di prova, per di più sbandierato in occasioni televisive, con un grande pubblico e solo sulla base di un audio uscito dopo 14 anni dalla sua registrazione, peraltro da una fonte assolutamente poco affidabile e peraltro, per chi abbia prestato particolare tenzione, raccontato con un tono e un’esposizione molto casuale, ma che senso ha? Dal mio punto di vista, e ci tengo a precisare che parliamo solo come punto di vista, se si mettono nel ventilatore queste cose, non credo si faccia un servizio a favore né della verità, né di un corretto e progressivo andare avanti, per accertare i fatti. Dirigo un gruppo di giornalismo investigativo che annovera circa 7000 iscritti, e quando è uscita questa storia, mi son trovato a commentare un post sostenendo che non è gettando fango che si può cercare la verità sulla povera Emanuela Orlandi. Ecco, io spero che questa scivolata da parte del fratello, rientri con sue parole di chiarezza ed eventuali scuse, qualora reputi servano e qualora trovi la forza per dirle, perché credo che sia questo l’unico presupposto per tornare a parlare della vicenda senza lasciare un’ombra così grave. Faccio inoltre presente che, guarda caso, dopo queste frasi molto avventate di Pietro, il Parlamento è passato da un’unanimità alla Camera per costituire la Commissione bicamerale parlamentare di inchiesta sul Caso Orlandi-Gregori, a una sostanziale divisione, vista la riluttanza della maggioranza, la quale, proprio dinanzi a tali affermazioni, ha preferito fare un passo indietro e capire meglio la questione Wojtyla. Bisogna maneggiare con molta cautela temi che coinvolgono il sentimento religioso delle persone e soprattutto sui casi giudiziari bisogna partire dagli indizi, dai riscontri e dalle prove.

Accennava al discorso della comunicazione mediante i media. Ecco, mi vorrei rilegare a questo argomento. 40 anni fa non eravamo certamente nell’epoca dell’immagine, niente smartphone, niente social, niente pubblicizzazione della notizia. Oggi viviamo in un mondo completamente differente. Siamo figli dei like, della visibilità, della mercificazione della cronaca. Crede che tutto ciò possa rischiare di gettare ancora più fumo negli occhi e rendere ancora più torbide le acque o, viceversa, crede che proprio questa estrema ricerca della verità mediante una sovraesposizione mediatica possa smuovere il fondo delle acque e far emergere tasselli fondamentali per riordinare i pezzi del puzzle?

Oggi, attraverso Internet, viviamo nell’epoca della comunicazione globale e soprattutto istantanea. Penso che la rete, al di là dei difetti che conosciamo, come il rincorrere fake news o farsi idee sbagliate per la presenza di troppi manipolatori o figure che operano in maniera superficiale, offra comunque delle grandissime potenzialità. La conoscenza di un caso complesso e con implicazioni di ragioni di Stato come quello Orlandi-Gregori, rappresenta un elemento fondamentale per fare luce sul Caso stesso, cioè intendo dire che l’informazione, ex Articolo 21 della Costituzione, è fondamentale per affrontare e risolvere questioni come la scomparsa di Emanuela e Mirella, perché se ci fosse stato silenzio in questi anni, probabilmente non staremmo ancora qui a parlarne e probabilmente chi ne è effettivamente responsabile non si sentirebbe quel minimo di fiato sul collo, per così dire. Il fatto che l’opinione pubblica segua con attenzione una vicenda, è garanzia di approfondimento, di ricerca. Faccio un esempio personale. In quanto responsabile del Corriere.it a Roma posso dire con certezza che la rete non è soltanto fake e superficialità, la rete e l’informazione online consentono degli approfondimenti molto importanti. Io mi sto dedicando da tempo ai cosiddetti longform, ossia servizi che non sono le abituali 40/60/70 righe sul giornale stampato, ma sono le 200/250 righe di approfondimento e posso assicurare che sono estremamente seguiti e molto letti. E’ tangibile che vi sia una certa domanda di studio, di ricerca e di approfondimento, e questa non può che passare dalla rete, come in parte il lavoro che state portando avanti voi. E’ ovvio, che la questione che dobbiamo porci tutti è: come gestire Internet. Bisogna gestirlo in maniera sobria, con serietà e dando gli elementi documentari che comportano una tesi, portando avanti appunto prove e riscontri di quello che si dice; solo così facendo può divenire uno strumento non solo di democrazia, ma soprattutto di crescita civile e di conoscenza.

In attesa di verità

Prima di salutarla e ringraziarla per il tempo che ci ha dedicato, vorrei chiederle se a suo giudizio, si arriverà mai ad una conclusione sul Caso Orlandi-Gregori.

Bella domanda! Credo che le vicende dell’ultimo periodo, in particolare questa su papa Wojtyla, data in pasto senza, all’apparenza, prove esaustive di veridicità, abbiano in parte danneggiato un percorso che era invece estremamente molto positivo. Noi avevamo un’inchiesta aperta presso la Santa Sede a gennaio 2023, un’inchiesta aperta presso la procura nel 2021 sul ruolo del dottor Capaldo, Magistrato della Procura di Roma, in relazione ai suoi contatti avuti con elementi del Vaticano proprio sulla questione Orlandi, avevamo una terza inchiesta, cui accennavo prima, sul giallo di Katty Skerl, con il PM Erminio Amelio che sta lavorando sul furto della bara nella tomba al cimitero Verano, e che riconduce chiaramente al ruolo avuto da Marco Accetti anche nel caso Orlandi-Gregori. Inoltre avevamo la possibilità che fosse aperta una quarta inchiesta attraverso la nascita della Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta, già approvata all’unanimità alla Camera, ora: che senso può mai avere gettare dubbi con prove, e sono largo a definirle tali, di così bassa rilevanza? Ecco, questo mi fa essere molto meno ottimista rispetto a qualche settimana fa, perché fino ad allora vedevo un percorso virtuoso e concentrico di più soggetti verso la verità. Spero che sia solo una sensazione poco positiva, e che invece tutto si rimetta in moto e acceleri quel processo cui tutti noi miriamo, ossia il raggiungimento della verità per Mirella ed Emanuela.

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