In attesa dell’apertura o meno della nuova Commissione bicamerale d’inchiesta sul Caso Orlandi, abbiamo incontrato le perplessità di una delle firme più autorevoli del Corriere della Sera
Seguendo i nuovi sviluppi del Caso Orlandi, inscindibile dalla vicenda riguardante Mirella Gregori, e come vedremo nelle nostre prossime interviste, anche dalla drammatica fine di Katty Skerl, trovata strangolata in una vigna a Grottaferrata nel gennaio del 1984, pochi mesi dopo le scomparse della Gregori prima e dell’Orlandi poi, diamo corpo al nostro viaggio andando a disturbare uno dei giornalisti che negli ultimi 40 anni si è dedicato con profondità ed estrema attenzione a quanto tristemente accaduto a Roma, nel 1983.

Fabrizio Peronaci, Capo Servizio della sede romana del Corriere della Sera dal 1982 dove si occupa di inchieste e multimedialità, ha pubblicato oltre 500 articoli sui casi della Orlandi e della Gregori ed è autore di tre libri sui suddetti misteri italiani, parliamo di Mia sorella Emanuela, scritto a 4 mani con Pietro Orlandi nel 2011 per le Edizioni Anordest, Il Ganglio, 2014, edito da Fandango Libri e Il Crimine del Secolo, 2021, sempre per Fandango Libri. Con Peronaci siamo andati ad analizzare i fatti alla luce delle nuove inchieste aperte e dei dubbi che da 40 anni esatti si annidano tra i vicoli di Roma e della Santa Sede.
Dott. Peronaci, innanzitutto grazie per averci concesso questa intervista. Io vorrei partire chiedendole, visto le sue numerose ricerche, gli articoli e i libri scritti sul Caso di Emanuela Orlandi, di offrirci una sorta di cappello introduttivo su quello che è stato ed ha significato, il Caso di Emanuela Orlandi, negli Anni ’80.
Senza dubbio siamo dinanzi ad un caso estremamente controverso, non solo degli Anni ’80 del secolo scorso, ma di tutta la storia recente, esattamente da quando purtroppo è avvenuto, e mi sento anche di aggiungere che è senza dubbio l’intrigo più torbido ed inquietante del secondo dopo guerra. Tengo a precisare questo perché? Partendo dalla cronaca nera, cioè dalla scomparsa di una prima ragazzina, poi di una seconda, Mirella Gregori e Emanuela Orlandi, in ordine cronologico, anche se quella cui si è dato maggior rilievo è stata senza dubbio la scomparsa di Emanuela Orlandi, in quanto figlia del messo pontificio di Carol Wojtyla; questa storia, anzi queste storie, intercettano la Grande Storia del secolo scorso, perché per arrivare a risolvere il mistero della scomparsa di due quindicenni, deve essere prima chiarito il contesto nel quale questo è avvenuto, e mi riferisco ai primi Anni ’80, anni che hanno portato alla luce grandi tensioni all’ombra del Vaticano. Nella ricerca del movente per poi arrivare ad identificare responsabilità, è indispensabile andare a ripercorrere la storia di quel periodo e in particolare le tensioni che vennero innescate dall’arrivo al soglio di Pietro del primo Papa polacco della storia, Carol Wojtyla, promotore della battaglia contro il Comunismo, contro l’Unione Sovietica e, di fatto, diventato protagonista della Storia con la vittoria della Guerra Fredda e con la caduta del muro di Berlino che avvenne sei anni dopo la scomparsa di Emanuela. Ecco, se si vuole capire il ricatto posto alla base della scomparsa sia di Emanuela Orlandi che di Mirella Gregori occorre conoscere e andare ad individuare i punti salienti della storia di quel periodo.

Il Caso di Emanuela scoppia il 22 giugno del 1983 con la sparizione della giovane che esce di casa per recarsi come d’abitudine alla scuola di musica in Piazza Sant’Apollinare per seguire i corsi di fluato traverso (strumento che diverrà elemento importante della vicenda) e canto corale, dopo di che, se ne perdono le tracce per sempre. Fra circa un mese saranno esattamente 40 anni dalla sua scomparsa. Vorrei domandarle quanto a suo giudizio si è realmente fatto in questi 40 anni, per provare ad arrivare ad una soluzione, e quanto si è volutamente tenuto nascosto.
Devo dire che l’impegno è stato fuori discussione, sia da parte degli stessi investigatori delle forze dell’ordine, che della magistratura che ha condotto le indagini. Noi siamo in presenza di due inchieste: la prima sviluppatasi dal 1983 al 1997, per ben 14 anni consecutivi, e una seconda aperta nel 2008 e chiusa nel 2015. La prima è un’inchiesta che compie quell’operazione cui accennavo precedentemente, vale a dire inquadra la scomparsa delle ragazzine nel contesto storico, ma non solo, tiene, infatti, in considerazione ciò che avviene subito dopo i rapimenti, perché non dimentichiamo che dopo la scomparsa, ignote forze occulte danno prova, se non di esserne strettamente responsabili, perlomeno di aver avuto contatti con chi possedeva le ragazze e chiedono lo scambio tra l’Orlandi e la Gregori e l’attentatore del Papa, Mehmet Ali Ağca. Possiamo quindi dire che la prima inchiesta punta decisamente sulla pista internazionale, tenendo conto di un elemento molto solido: cioè il fatto che vi è un effettivo motivo per i rapitori, o comunque per coloro che sono in contatto con i rapitori, che si pone come base del rapimento, il rilascio dell’attentatore turco. La seconda inchiesta scava di più sul versante della manovalanza che operativamente tiene fuori di casa le ragazze, e qui ci riferiamo alla Banda della Magliana. L’inchiesta approfondisce questo scenario alla luce di alcune dichiarazioni rese da esponenti della malavita. Tre esponenti della banda vengono indagati, ma soprattutto la novità eclatante è che nel 2013, nel corso della seconda inchiesta, salta fuori un personaggio che si chiama Marco Accetti, fotografo romano, all’epoca dei fatti ventisettenne, cresciuto in scuole cattoliche però anticlericale, con evidenti propensioni estremiste ed anche un certo protagonismo. Spunta fuori questo personaggio che dà prova della sua presenza sui fatti, perché consegna di fatto, il flauto, fino a quel momento mai rinvenuto, e riconosciuto trent’anni dopo dalla famiglia come effettivamente appartenente ad Emanuela, fa ascoltare la sua voce che coincide perfettamente, anche secondo i periti fonici, a colui che faceva le telefonate all’epoca dei fatti, sia in Vaticano sia all’avvocato degli Orlandi e dà prova della conoscenza di altri passaggi, come la morte di Paola Diener, figlia dell’archivista vaticano e la presenza di una sua parente a Boston, quando partirono delle lettere, giudicate autentiche, per la rivendicazione del sequestro. Quindi, nel corso della seconda inchiesta salta fuori un nuovo personaggio che è tutt’oggi sotto osservazione. In sintesi, per tornare al contesto della domanda, si può asserire che il lavoro è stato senza dubbio fatto e non si può certo dire che non vi sia stato impegno da parte della magistratura; la mia unica annotazione è che nel 2015, quando si era arrivati, attraverso il personaggio che ho appena descritto, vicini a una situazione nella quale si individuava un gruppo di potere coperto, all’ombra del Vaticano, composto da elementi dei servizi segreti della malavita e anche da tonache deviate e forse anche da elementi di massoneria, quel gruppo coperto che ho chiamato il Ganglio nel mio secondo libro sul Caso Orlandi, ecco, quando si è arrivati a toccare diciamo l’aspetto più politico e complottistico della vicenda, lì ci si è fermati. Il Capo della Procura d’allora, Dottor Giuseppe Pignatone, ha dettato la linea dell’archiviazione dell’inchiesta, quello stesso Dottor Pignatone che nel 2019 è diventato Presidente del Tribunale Vaticano. Speriamo che ora con le novità importanti dell’apertura di un’inchiesta da parte della Santa Sede nel gennaio 2023 e della presenza di un fascicolo presso la procura di Roma assegnato al PM Stefano Luciani, si possa rimettere in moto quel meccanismo arrestatosi nel 2015.

Manuela Orlandi e Mirella Gregori scompaiono nel 1983. Quale era, allora, la situazione politica dell’Italia e i rapporti che intercorrevano con la Santa Sede.
Beh certo, stiamo parlando in senso ampio dell’Occidente. La Chiesa, in particolare la Santa Sede guidata da Papa Wojtyla, fu la prima alleata degli Stati Uniti di Donald Reagan, alleanza di fatto sancita con l’incontro storico del 1982. Ricordiamo che eravamo nella fase cruciale della Guerra Fredda e l’Italia, da par suo, senza se e senza ma, era schierata dalla parte dell’atlantismo: nel 1983 arriva al governo Bettino Craxi che sarà artefice del nuovo concordato con la Chiesa, quindi parliamo di rapporti assolutamente di piena sintonia, tra il nostro Stato e la Santa Sede; però, quel che fa la differenza nella vicenda che stiamo trattando, è la presenza di enti che lavorano più nell’ombra e mi riferisco in particolare ai Servizi Segreti, sia di istanza in Italia sia di istanza nella Santa Sede e su questo argomento non sono stati, come forse è anche logico capirlo alla luce della ragione di Stato, fatti tutti gli approfondimenti per arrivare a comprendere quello che realmente è accaduto ad Emanuela e Mirella.
Come reputa il comportamento dei vertici del Vaticano in rapporto al Caso Orlandi.
Possiamo dire che vi è stata, senza dubbio, una strategia a dir poco giocata sulla difensiva da parte della Santa Sede. Seppur tenendo presente che l’inchiesta era italiana, poiché entrambe le scomparse avvengono sul territorio italiano, è bene ricordare come con le rogatorie, cioè con la richiesta di acquisizione delle testimonianze e atti della magistratura italiana alla Santa Sede, e parliamo di ben tre rogatorie, non si è ricavato nulla, non vi è mai stata grande disponibilità, da parte della Santa Sede, per mettere a disposizione tutto il proprio patrimonio di conoscenza che si aveva a disposizione, e questo mi sento di poterlo testimoniare direttamente. Alla luce, infatti, di una nota scritta dall’allora portavoce del Vaticano, Padre Lombardi, il quale all’indomani del mio primo libro scritto con Pietro Orlandi, Mia sorella Emanuela del 2011, scrive a Papa Ratzinger dicendo: “C’è questo libro di peronaci-orlandi che approfondisce il movente del sequestro di Emanuela. Sarà il caso, Santo Padre, di andare a capire meglio la vicenda dei finanziamenti da parte del Vaticano a Solidarnosc in Polonia?” Cioè, c’è un importantissimo esponente come il portavoce del Vaticano, Padre Lombardi, che legge il libro e di fatto domanda non sarà il caso di andare ad approfondire? Questa mi sembra la prova più eclatante che veri e propri approfondimenti che potessero concatenare la pista economica della pressione e del ricatto per fermare il flusso di finanziamenti in Polonia, non era stata fino in fondo approfondita.

In 40 anni di indagini, sospetti, accuse, depistaggi, si è parlato di terrorismo internazionale, Banda della Magliana, crisi finanziaria, persino pedofilia. Come crede siano collegabili questi presunti moventi con Emanuela Orlandi.
Non è così difficile da spiegare. L’organizzazione decide di rapire una quindicenne “X” di cittadinanza vaticana da utilizzare come strumento di ricatto. Il ricatto si svolge su più livelli, e questo non lo sostengo io da osservatore esterno, ma lo dicono molti riscontri. Partiamo dalla politica internazionale guidata da Papa Wojtyla. Parliamo di una politica osteggiata da una seconda parte della Chiesa, la quale, proprio a differenza del Pontefice polacco, sostiene l’importanza di un dialogo con la Russia. Questo elemento viene fuori perlomeno da due fatti accertati: precedentemente alla data del rapimento di Emanuela, ci furono diversi pedinamenti di altre ragazze vaticane, che fortunatamente non andarono a buon fine, per così dire, in quanto i genitori delle stesse ebbero modo di prendere adeguate contromisure decidendo di far scortare le ragazze lungo i loro spostamenti; ecco che allora l’attenzione dei rapitori si riversa su Emanuela e va come ben sappiamo. Accertata e testimoniata la presenza dei suddetti pedinamenti, non ha alcun senso parlare di un ipotetico movente sessuale: non si pedina una ragazza per settimane per poi aggredirla, si procederebbe nell’ombra, senza farsi vedere, quasi fosse un blitz. A questo, aggiungiamo un secondo elemento altrettanto rilevante: l’allarme dei servizi segreti francesi sul possibile sequestro di cittadini vaticani. Dentro la Santa Sede, prima che sparissero le ragazze, c’è un’allerta, naturalmente documentata, che evidenzia in modo incontrovertibile che quel che stava accadendo in quel preciso periodo, era al centro di contese sotterranee. Di fatto, la ragazza sparisce perché c’è un nucleo che ha interesse a fare pressione su Papa Wojtyla al fine di frenare la politica eccessiva di anticomunismo nei confronti dell’Est, anticomunismo che vede l’invio di denaro a Solidarnosc. Questo modus operandi ha naturalmente un riflesso. Ali Ağca, l’attentatore del Papa, rassicurato dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, in un’operazione che a lui si mostra come segnale evidente che gli fa dire vedi allora quel sequestro di cittadini vaticani di cui parlavano allarmati i servizi francesi era per me, sarà la carta per chiedere in cambio la mia liberazione, cosa che tra l’altro, poi avviene, sei giorni dopo la scomparsa di Emanuela, parliamo del 28 giugno dell’83, ritratta le sue accuse nei confronti dell’Est, quale mandatario dell’attentato al Papa di due anni prima. E questa dichiarazione è naturalmente un colpo durissimo a quella linea che evidenziava proprio l’Est, l’Est comunista, come responsabile dell’attentato in questione. Ecco che allora il movente del rapimento di Emanuela si mostra per quel che è: la ragazzina tornerà indietro se si frena il flusso di finanziamenti non sempre leciti alla Polonia. Chiuso il discorso. Non dimentichiamo, poi, che la malavita prestava soldi in Vaticano, ingenti quantità di denaro prestate dalla mafia, la quale ora evidentemente voleva rientrare di tale denaro. E anche questo è facilmente leggibile dai sottotesti. Emanuela il 22 giugno telefona a casa dicendo: mi hanno contattata per la lista di cosmetici Avon, per fare una certa sfilata alla Sala Borromini, per le sorelle Fontana. Processo letterale in codice che deve servire per il dialogo sotterraneo tra chi ha allestito l’operazione Orlandi e la controparte. L’Avon, parola composta da 4 lettere, può semplicemente essere anagrammata e letta al contrario: NOVA, e Nova, guarda caso era la Fondazione Pontificia ecclesiastica che all’epoca si occupava di finanziamenti anche In Polonia, di fatto una delle casseforti vaticane. Ecco quindi il doppio movente, che viene perseguito con l’allontanamento da casa sia di Emanuela sia di Mirella, e che serve a far funzionare il ricatto di cui è interessato un gruppo evidentemente coperto che opera in quegli anni. Non dimentichiamoci che sono anni di trame, di grandi tensioni sotterranee: nel 1982 il banchiere cattolico Roberto Calvi viene trovato suicidato, si fa per dire, sotto il ponte dei frati neri; il vicepresidente del Banco Ambrosiano è vittima di un agguato a Milano nel quale muore Danilo Abbruciati, boss della Banda della Magliana. Le connessioni tra ambienti ecclesiastici, ambienti di malavita e presenze deviate di servizi segreti, sono storia. Nell’ambito di quella storia, matura un’operazione complessa e raffinatissima come il doppio sequestro Orlandi-Gregori.
Fine prima parte – Lunedì 29 maggio verrà pubblicata la seconda e conclusiva parte, dell’intervista a Fabrizio Peronaci.
2 commenti su “Caso Orlandi: dati di fatto e supposizioni. Riavvolgiamo il nastro con Fabrizio Peronaci – prima parte”