Roy Stuart è un fotografo atipico. Le sue immagini non affermano l’erotismo fine a sé stesso, quanto piuttosto lasciano che l’osservatore provi piacere nel porsi il dubbio su ciò che stia per accadere. Le sue fotografie sono storie, narrazioni, situazioni. Nelle sue immagini la donna è libera, svincolata dagli stereotipi sociali che per essere bella deve adeguarsi all’universo consumistico e purificare la propria pelle per divenire feticcio da adorare.

Non racconta la donna/bambina, ma combatte la falsificazione della femminilità restituendoci una figura naturale, capace, attorno a sé, di far sublimare il piacere. Fonde amore e passione ma senza elevare la donna a divinità teocentrica, raccontando piuttosto un sottotesto di emozioni, che dall’immagine possano trasmettersi all’osservatore, rendendo così, la sensualità, specchio di quello che siamo e non utilizzarla al fine di nascondere la nostra reale natura. E’ un cammino tra erotismo e pornografia che permette all’Artista di utilizzare quest’ultima come modale per far comprendere l’importanza di accettare un mondo nel quale la libertà sessuale si manifesti verso qualsiasi genere e dove il pornografo non è il violentatore del corpo della donna, quanto l’Artista capace di risolvere il problema della distorsione della figura femminile, restituendo alla donna stessa, quella libertà negatale da una educazione foto/cinematografica obsoleta e superata.
Roy Stuart lo siamo andati a disturbare nel suo atelier, a Parigi, in un mondo dove la luce e i colori si fondono per dare respiro all’arte.
Salve Roy, grazie innanzitutto per la tua disponibilità. Vorremmo iniziare questa nostra chiacchierata domandandoti cosa è per te il corpo femminile e che influenza esso manifesta nell’osservatore attento non solo alle forme, ma all’intera costruzione dell’immagine.
In primo luogo, per essere chiari, io uso il corpo femminile solo come un mezzo pubblicitario, come accade per l’industria della Moda, per intenderci. La Moda usa il corpo femminile e la sessualità per vendere prodotti, io uso il corpo femminile e, a volte, materiale erotico esplicito, per comunicare delle idee. Questa è la cosa più importante. Io non sono decorativo. L’arte può essere decorativa o politica, è l’una o l’altra, ma non è quello cui miro io. Io voglio essere maggiormente sovversivo. Provo ad usare materiale esplicito, materiale erotico, come parte dell’accettazione di una logica del mondo che assolutizza per gli uomini e per le donne. Provo a presentare un modello che permetta di migliorare il quotidiano di ciascuno di noi. In altre parole, la mia è una demistificazione totale del corpo e della rivelazione che viene attraverso esso. Lascio guardare l’atto sessuale e le reali relazioni tra uomini e donne per restituire, principalmente, la sessualità intesa come bisogno primario, piuttosto che come distrazione specifica dalla realtà. E in questa direzione, nulla è più funzionale del corpo femminile, nulla riesce ad attrarre maggiormente l’attenzione.

Come è riportato sul mio account Instagram: utilizzo un immaginario sessuale per attrarre attenzione con lo scopo di trasmettere idee. Che tipo di idee? Non solo una parità d’essere tra uomini e donne, provo a togliere tutto il mistero, a demistificare la narrazione. Di tutte le foto che scatto, è difficile trovarne qualcuna che abbia solo da far vedere una ragazza, dietro ogni immagine c’è sempre una storia. E la storia, per tornare al discorso iniziale, vorrei che fosse un modello capace di rappresentare un mondo funzionante se non ci fosse alcuna separazione tra uomini e donne, alcuna distinzione di giudizio. Un mondo dove non serve chi vende make-up, dove non servono donne che girano truccate, in tacchi alti, con pose fasulle, capelli fasulli, unghie fasulle. Non servono uomini fasulli e tantomeno donne fasulle. Se poi vogliamo analizzare la ragione per la quale le donne si leghino a tali falsità, possiamo dire che sono state ipnotizzate e condizionate da un marketing mirato per far fare soldi alle persone che vendono tali prodotti, e la cosa drammatica è che funziona, almeno 9 volte su 10. Perché le persone che vendono questi prodotti usano il corpo femminile e la sessualità per attrarre l’attenzione e tu non riesci a staccare gli occhi da queste donne, dalla loro immagine.

Nel mio account Instagram, c’è una foto famosa di una ragazza con due tizi. E’ una foto che si trovava nella versione francese di Vogue, alcuni anni fa. Lei è seduta in strada con le gambe spalancate, in una posa che naturalmente non si addice ad una ragazza. Attraverso le mutandine che indossa si comprende che non è depilata.
I due tizi sono lì e non si riesce a distinguere se essi siano tentati di respingerla, o se sia lei a bloccargli il passaggio con le sue lunghe gambe. Proprio l’averla fotografata non depilata è il primo tentativo di restituire la veridicità del suo modo d’essere, è il tentativo di cancellare un tabù. Se a questa sua postura, poi, aggiungi che indossa scarpe di Balenciaga ed è truccata all’esasperazione comprendi perché la gran parte degli osservatori identifichi l’immagine, e quindi la ragazza, come sovversiva; se io invece avessi fatto sedere lì una hippie, una ragazza della California, nella sua postura abituale, senza alcuna preoccupazione, nessuno l’avrebbe notata e sai perché? Perché tu devi guardare quello a cui sei abituato, guardare ciò che ti attrae: gli uomini da sempre, sono stati condizionati a guardare belle donne con il rossetto, con bei capelli, con scarpe di Balenciaga. E allora io la raffiguro, ma rompo il sistema, infrango il dogma che la vorrebbe depilata e la pongo come mai nessuna altra donna verrebbe posta: a gambe aperte con la sua natura ben visibile. Questo è quello che mi piace, sono i tipi di donne con cui amo stare: donne vere, rilassate, intelligenti. Donne non condizionate dalla pubblicità o dall’industria di Hollywood.
Sei considerato uno dei più grandi esponenti della fotografia erotica contemporanea, capace di sfidare i codici morali tradizionali. Cosa ha mosso in te la necessità di ridisegnare la fotografia realizzando scene reali, anche sessuali complete.
Penso che sia merito dell’incontro con Angela Carter a Londra. Lei era una femminista, ma una femminista radicale. Lei non era contro il sesso nella fotografia o le fotografie esplicite. Lei pubblicò un libro La donna sadiana, la cui introduzione era così sconvolgente e vera che mi fece comprendere tante cose. Cito da una delle sue pubblicazioni: “C’è una teoria progressista secondo cui l’arte disinfetta l’erotismo del suo valore erotico e diviene innocua a partire dall’approvazione di una presunta cultura. Ma più le arti cinematiche elogiano lo sviluppo del personaggio, il valore della produzione, un’abile direzione del casting, un montaggio valido e la musica che utilizzano per dar forma al materiale esplicito, più divengono eccitanti e reali”.
In altre parole, tu puoi usare il materiale erotico come una espressione artistica, oppure fare quello che prima facevo a Londra quando mi occupavo solo di Moda, quando vivevo in un mondo artificiale, ipocrita, non tanto basato sul lavoro che facevi, ma sul tipo di feste cui partecipavi, sulle persone che frequentavi, o su chi ti portavi a letto. E ti garantisco che nel mondo della Moda questo accadeva a tutti i livelli. Da allora ho deciso di cambiare strada, mi sono svestito di quella vacuità e mi sono messo a produrre materiale erotico per le riviste americane. A loro non importava chi frequentassi o cosa facessi, e tantomeno avevano interesse a conoscermi, accettavano il mio materiale se lo ritenevano buono, oppure me lo rimandavano indietro, se non era di loro gusto. Sto parlando di riviste come Penthouse di Bob Guccione o altre che non esistono più.

Qual è il fine che ti prefiggi con i tuoi lavori fotografici e fino a che punto l’erotismo può smuovere socialmente l’odierna cultura occidentale.
Come ho detto, se fatto nel modo giusto, l’erotismo può riportare la sessualità al ruolo primario che riveste nella realtà, invece che offrirci una mera distrazione della realtà stessa. Al giorno d’oggi, le cose cui prestiamo maggiore attenzione sono pagare l’affitto, l’assicurazione, occuparsi della famiglia, crescere i bambini e via discorrendo… in realtà, sono convinto che ciò che davvero dia forma alla nostra mente ed equilibrio al nostro corpo sia proprio la sessualità, che però finiamo per relegare in second’ordine. Cito nuovamente Angela Carter: “Se noi potessimo ripristinare il contesto del mondo agli abbracci di queste ombre della sessualità, allora forse potremmo utilizzare le loro attività per ottenere una nuova percezione del mondo e, in un certo senso, trasformarlo”. Nei fatti, la natura ha programmato il maschio ad essere più aggressivo e dominante mentre la femmina ad essere più arrendevole e a godere dei piaceri della carne. Ciò in linea teorica è strettamente funzionale. Accade per l’uomo come per gli animali. Se ci soffermiamo sugli insetti, ad esempio, possiamo vedere come essi siano stati programmati a cercare la femmina e la femmina programmata a godere del proprio ruolo passivo. Potremmo definirlo uno stratagemma della natura al fine della mera riproduzione. Sopravvivere e riprodursi, fine del gioco. Ma poi subentra il piacere ed il discorso muta. Mi spiego meglio: chi andrebbe mai a lavorare, magari a prendere un treno all’alba ogni mattina, per poter mangiare e permettersi di vivere decentemente se non venisse pagato? Credo nessuno di noi. Questo è il trucco: ti pagano. E nel sesso è uguale, la moneta di scambio è il piacere. Allora quello programmato in natura, muta, subentrano quelle che vengono definite perversioni personali, anche se è un terribile modo di definirle. Ci sono uomini o donne cui piace essere frustati, uomini o donne a cui piace frustare; ci sono uomini che amano fare la femmina e donne che amano fare il maschio, c’è un completo ridisegnare la realtà e i ruoli e tutto questo può essere raccontato e fotografato con la massima naturalezza.
Hai più volte sostenuto che non esistono tabù, esiste solo la cattiva fotografia e la stupidità della moderna pornografia commerciale. Vorrei chiederti di ampliare maggiormente questo discorso.
La cattiva fotografia genera il tabù. Una foto fatta male induce lo spettatore a dire che quell’immagine non si sarebbe dovuta immortalare. In assoluto nulla dovrebbe essere oggetto di censura. Per la pornografia il discorso si amplia. La pornografia commerciale è qualcosa che è stato volutamente permesso: è così in Francia, in Italia e nella maggior parte dei paesi europei. E’ stata legalizzata, per assurdo che possa sembrare il mio discorso, in quanto funziona come una pubblicità regresso. Vende il sesso contro il sesso stesso. Il sesso raccontato è un sesso che alla lunga assuefà lo spettatore e lo allontana, e la società mira proprio a questo: non vuole farti piacere il sesso o qualsiasi altra cosa che potrebbe farti stare a casa per conto tuo, in santa pace, in libertà, non controllato, non codificato. Non vuole che tu lo pratichi e, legalizzando la pornografia, ha di fatto allontanato molte persone dalla pratica attiva del sesso, insinuando nella loro mente una forte forma dissuasiva. Mi rendo conto che questa possa sembrare un’affermazione forzata, ma è ciò in cui credo da sempre. La pornografia è così stupida e fatta così male che è una pantomima indecorosa del sesso reale e i ragazzi che crescono vedendo la pornografia finiscono per pensare che sia un qualcosa di ridicolo. Il porno non ha più quella scintilla originaria che aveva ai suoi albori, all’inizio del XX secolo, quando tutto era improvvisato, totalmente amatoriale ma, allo stesso tempo, vitale, reale e dotato di una tale freschezza che lo rendeva naturale. Oggi è degenerato. Dopo essere partito alla grande, con le potenzialità di diventare una reale forma d’arte, si è trasformato in un’industria.

Quando ci confrontiamo con la pornografia, viene immediato il rifarsi a quei meccanismi di rappresentazione della sessualità che ci viene proposta dai porno tradizionali, fallocentrici e dove la sola funzione cui si mira è eccitare lo spettatore. Lo scorso anno esce per la regia di Olympe de G., Une Dernière fois, che diviene subito un film manifesto, anti-sessista, anti-razzista ed etico. Nasce la cosiddetta pornografia etica. Che idea ti sei fatto di questa nuova corrente che rivendica il diritto per tutti, uomini e donne, al piacere.
Questa dovrebbe essere l’idea di fondo, quello cui accennavo nei miei discorsi precedenti, anche se devo dirti, che la definizione etica, mi suona terribile: è un aggettivo sterilizzante, ripulito. Credo più che la pornografia debba assumere una nuova forma, almeno come la intendo io e la raffiguro io. Deve essere una forma alternativa, underground, piuttosto che etica. C’è un film giapponese di alcuni anni fa, L’impero dei sensi, di Nagisa Oshima, che ripropone la storia vera di Abe Sada, donna che strangolò il proprio amante prima di recidergli pene e testicoli e nel quale il sesso non è fine a sé stesso ma è vera e propria narrazione, dove possessione e possessività si fondono, dove la carica erotica è totalizzante, dove ad un tratto lei chiede all’amante se per caso la gente possa arrivare a pensare che loro siano due pervertiti, due depravati, al che l’uomo risponde: “Che importanza ha? Sono solo parole”. Ecco, credo che questo sia il centro del discorso: destrutturare il sesso dalle etichette, rivendicare per tutti, uomini e donne, il diritto al piacere, qualunque esso sia, all’insegna della reciproca libertà.
Con l’avvento di Internet e la scalata di Fabian Thylmann all’acquisto delle moltissime piattaforme online di contenuti per adulti, come PornHub, YouPorn, RedTube, si è finito per rivoluzionare il consumo dei contenuti stessi spingendo ad una ipersessualizzazione della società e alla pornificazione della cultura. Credi sia possibile fare qualche passo indietro e ridisegnare l’immagine affinché si torni a parlare di una cultura erotica priva di corpi stereotipati, performance standardizzate, nel rispetto di una prospettiva di visone non solo maschile, ma anche femminile?
Come ti dicevo, questo è quello che cerco di fare: creare una nuova forma, un’alternativa. Non so se avete mai visto qualcuno dei miei film, si possono trovare dei trailer sul mio sito web, ma è una forma alternativa di filmare l’erotismo e il sesso inserendo poesia e musica, regia, casting, montaggio, valore produttivo, sviluppo dei personaggi, costumi. E’ molto difficile, soprattutto in un film lungo, creare una narrativa che includa il sesso e che questo non sia solo una distrazione. Ci vogliono molte capacità per produrre un film di quel tipo. Ci sono registi che ci hanno provato, ma quasi mai ha funzionato. Circa 10 anni fa ho realizzato un lungometraggio intitolato The lost door (La porta perduta) che tentava di fare qualcosa del genere, ma con il tempo mi son reso conto che era necessario agire diversamente per raggiungere l’obiettivo. Ora mi dedico a queste produzioni Glimpse della durata corrispettiva di un lungo, circa due ore, ma che contengono una dozzina di clip tutte diverse. Vi consiglio di dare uno sguardo al mio sito, poiché sono davvero difficili da descrivere: a volte si tratta di sesso esplicito, a volte di poesia, a volte ci sono solo delle ragazze che ballano, a volte sono un po’ allucinate, altre volte psichedeliche. La difficoltà nel realizzarle sta nel dovere stare attenti a non essere presuntuosi: a volte, l’erotismo fallito, quando prova ad essere troppo artistico, diventa presuntuoso e questo può finire per anestetizzare il materiale. Il sesso è sesso e ci sono vari modi per guardarlo. Allo stesso tempo, gli esseri umani sono gli unici che provano piacere a guardare il sesso: non ci sono altri animali che lo facciano. Gli scimpanzè si soffermano a guardano altri scimpanzè lottare, ma non certo mentre si mettono a fare sesso. Gli umani guardano il sesso anche quando non sono i loro consimili a farlo: animali, insetti, piccioni, li guardano anche dietro i vetri degli zoo. Il sesso è affascinante da vedere. Quindi, la pornografia sarebbe potuta realmente divenire una forma d’arte, ma in realtà è diventata una mera industria, anzi, una pessima industria con una catena di montaggio inarrestabile. Infonde la sua moralità: mostra alla gente come dovrebbe essere il sesso, e lo fa con gli adulti, ma anche con i teenagers, e nella maggior parte dei casi, come ci dicevamo, è solo una pantomima di ciò che davvero è il sesso o di come le persone fanno veramente sesso. In questo modo, instilla la propria moralità, rivelando la tristezza della carne. Oltretutto, la maggior parte della pornografia, al giorno d’oggi, è fatta il più velocemente possibile e con la quantità più ridotta possibile di sincerità, creatività e intelligenza. La gente che lavora in una fabbrica di nastro adesivo ci mette più sentimento, più sincerità e più orgoglio in quello che fa, di quanto non ce ne mettano quelli che si occupano di pornografia. La pornografia deve essere solo fatta il più velocemente possibile. Discorso parallelo può esser fatto per l’erotismo, intendendolo come una sorta di grande fratello della pornografia. Presenta naturalmente delle restrizioni e seppur adoperi grandi capacità estetiche, proprio a seguito di quelle restrizioni finisce per essere sostanzialmente sterile. Vive di autocensura, non ti provoca il piacere della bellezza ma ti lascia solo un sapore amaro in bocca. Pensa al l’ultimo film di Kubrick, Eyes Wide Shut, la famosa scena dell’orgia che vediamo nel montaggio finale non è certo opera del suo estro, è stata montata successivamente alla sua morte e non ha di certo accresciuto il valore del film. E’ una visione, a mio giudizio, pessima e ridicola perché assoggettata alla censura. E’ stata rivista, rimontata, rilavorata, rendendola talmente ridicola che non avrebbe mai avuto l’approvazione del Maestro. Sembra una scena da Playboy e Kubrick non era certo un tipo da Playboy.

Sostanzialmente, il problema è l’uniformità, sia la pornografia che l’erotismo sono semplicemente noiosi ed è un vero peccato perché tante donne, ragazze comuni o modelle che siano, hanno un immaginario costruito interamente dallo star system di Hollywood. Ma la sessualità dura e cruda, vedere come la gente faccia realmente sesso, come crei passione, non ci viene mostrata. Credo che la maggior parte dei registi più affermati, se potessero, girerebbero scene molto più bollenti e molto più sexy di quelle che si vedono, ma non lo fanno perché vogliono che la distribuzione venga garantita e così il sesso mostrato è molto più calmo, irrealistico, edulcorato. Di riflesso, milioni di donne, fruitrici del cinema, delle serie tv di tutto il mondo, credono che questo sia il modo in cui il sesso dovrebbe essere, e a mio giudizio, questo è terribile ed altro non fa che generare una guerra tra sessi. Capisco che questo sia un semplice punto di vista, ma è la grossa discussione che cerco di portare avanti; quelle idee, di cui trattavo all’inizio della nostra chiacchierata, che cerco di portare alla luce.
Tornando ai tuoi lavori fotografici quello che senza dubbio si può dire emerga è un’assenza di vittime: non è presente chi prova piacere e chi lo subisce, ma il piacere è condiviso in assoluta complicità e con assoluta complicità raccontato. Credi che attraverso questa metodologia di narrazione sia possibile scardinare ignoranza e tabù?
Assolutamente sì. Anche io ho girato e fotografato scene in cui donne vengono legate e torturate, ma attenzione, non parlo assolutamente di violenza. A nessuna donna, mai, viene praticata un’azione violenta, quello che ho sempre mostrato sono scene dove la regina indiscussa è la complicità. Non esistono vittime, non c’è mai una vittima: la donna legata viene stuzzicata, eccitata, per sua stessa volontà, per un gioco che fa parte della sessualità, fa parte di quello che le persone fanno e, soprattutto, amano fare. Nella pornografia pura e semplice, tipo PornHub che citavi prima, si vedono molte azioni brutali senza che si abbia la certezza che la donna sia consenziente; stiamo parlando di qualcosa che naviga al confine del Dark Web o dello snuff movie: roba del genere non è certo un bene, ed il discorso è ben differente.
Se da un lato sostengo che non si può edulcorare troppo il sesso, ma piuttosto devi mostrare ciò che è reale, quello che accade veramente, dall’altro devi trasmettere l’assoluta complicità degli accadimenti. C’è una serie, ad esempio, che sto producendo, in cui la videocamera è collocata in alto, quasi fosse nascosta, e la coppia che sta facendo sesso si sta riprendendo a sua volta e, avendo collegato la videocamera a un grande schermo, si spia mentre fa sesso nella privacy della loro casa. E’ un modo per dare un’idea di quello che la gente può fare o anche invitare una terza persona ad aggiungersi alla coppia. Questo è un esempio di assoluto gioco di complicità, ma ce ne potrebbero essere tante altre da fare per rendere le cose più interessanti. In sostanza non si devono mai avere persone che hanno piacere ad essere vittime, ma persone che si divertono a recitare il ruolo di vittime, e questa è tutta un’altra storia.

Negli anni ‘70 la tua fotografia ha rappresentato un autentico atto di sovversione verso il sistema borghese, negando gli schemi sociali precostituiti e mirando ad una rivoluzione culturale dell’immagine e del piacere. Ad oggi puoi dire che il tuo sforzo rivoluzionario sia riuscito a dare i propri frutti?
Penso proprio di sì. Molte persone sono state influenzate dal primo libro pubblicato da Taschen sul finire degli anni ‘90 e, da allora, molti altri sono stati i libri che hanno trattato l’argomento, per non parlare poi di Internet e dell’influenza che il tutto ha avuto sulle persone rendendole libere di fotografarsi e riprendersi durante i loro atti sessuali. Dagli anni ‘70 ad oggi è difficile dire cosa sia cambiato a livello mondiale. Da quel periodo, la pornografia è stata legalizzata un po’ ovunque, il che, come ci siamo già detti, non è sempre stata una cosa positiva. Ricordo, una volta che stavo tenendo una lezione in Inghilterra, ed il discorso di legalizzare la pornografia era proprio nel vivo. Cercavo di spiegare agli studenti come fossero stati fortunati a formarsi in un’epoca priva di pornografia e al contempo di come non rendere l’immaginario sessuale legale fosse comunque, una cosa negativa. E’ difficile addentrarsi appieno nel discorso, domandarsi cosa sia meglio fare. E’ sempre un problema, ma perlomeno, credo oggi, ci siano più persone che stanno cercando di fare qualcosa di valido dal punto di vista creativo, senza edulcorare il sesso attraverso la scusa dell’estetica rischiando di farlo morire in un vicolo cieco.
Tra la fine degli anni ’80 e nel corso di tutti i ’90 realizzi con Dian Hanson, editor della rivista Leg Show, un progetto che prevede oltre 100 scatti fetish, raccolti poi nel volume Embrace your fantasies, e la maggior parte di tali scatti prevede atti di masturbazione femminile al fine di celebrare in tal modo l’assoluto potere delle donne. Credi che la grande battaglia sessuale della donna, sia arrivata (o stia per arrivare) a quella parità di diritti necessaria per una società che vuole definirsi libera?
Qui non mi sento di darti una risposta definitiva, poiché è un tema che non conosco affondo e del quale bisognerebbe essere molto ferrati per esporsi con certezza. In un recente libro edito sempre dalla Taschen mostro decisamente la dominazione femminile perché credo che i ruoli non abbiano sesso: si può essere dominatori in abiti da uomo o da donna, come allo stesso modo sottomessi. A loro, mi riferisco alla Taschen, piacciono molto le immagini di sottomissione maschile, piace molto quando le donne assumono un ruolo dominante, ma questo non è certo sufficiente a dire che si stia arrivando a quella parità di diritti necessaria per godere di un mondo finalmente libero.
Roy, prima di ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato, una domanda che sottointende una speranza. Siamo entrati nella terza decade del 2000. Credi ancora che il sesso possa essere sovversivo come negli anni ’70 o oramai siamo tutti soggiogati dalla società dell’immagine che offre realtà mediata e a basso costo, privando lo spettatore dell’immaginazione?
Purtroppo non mi sento troppo speranzoso, anzi, penso che le cose siano realmente peggiorate. Internet è il mezzo principale di questa epoca e la gente di Internet ha pesantemente censurato le immagini, non solo su Facebook, ma ovunque. La censura è diventata peggiore di quel che era e questo, come dicevamo prima per Hollywood, dà l’impressione di una realtà sbagliata, si vive di sesso edulcorato, un sesso non-sessuale, dove tutto è proibito, offrendo un immaginario tradizionale e falso, che rappresenta alle persone come le cose dovrebbero essere. E censurare il sesso nelle immagini è censurare il sesso nella vita. Internet è la nuova Hollywood, le persone sono incollate allo smartphone, lì vengono formate e viene raccontato loro cosa sia giusto o sbagliato. Su Facebook o Instagram c’è una censura che vieta anche di mostrare i capezzoli delle ragazze e questo, a mio giudizio, non va bene. Anche dei semplici nudi artistici vengono censurati. L’arte viene censurata. Ma in realtà, proprio l’arte dovrebbe avere assoluta libertà. L’arte serve a mostrare alle persone come le cose potrebbero o dovrebbero essere, a ricordare loro tutto quello che è disponibile, quale sia la realtà. L’arte è in grado di ricordare alle persone cose che sanno, senza sapere di saperlo. E forse proprio per questo viene censurata. E’ più facile e produttivo vendere modelli, vendere bikini, vendere rossetti. Ma si potrebbe creare una via di mezzo, un’alternativa tra la pornografia che si trova su Internet e questo immaginario censurato. Se dai un’occhiata al mio sito, ho caricato circa 25 film e per ognuno di essi è inserito un testo letterario; per il primo, ad esempio, Glimpse 1, lo scritto è a firma di Dian Hanson, questo per cercare di spiegare che si può tentare di fare cultura anche con il sesso, raccontando quello che è, con assoluta semplicità e cura.
Grazie a Roy Stuart.