I Segreti del Gran Maestro. Gianluca Barbera ci conduce alla scoperta del signor G. della P2

Dal Romanzo edito da Chiarelettere, I Segreti del Gran Maestro, di Gianluca Barbera, rileggiamo la figura di Licio Gelli e di un’Italia Oscura

Abbiamo avuto il piacere di incontrare lo scrittore Gianluca Barbera, con il quale affrontiamo la rilettura di un periodo storico italiano, in verità molto ampio, incentrato sulla vicenda quanto mai attuale legata alla figura di Licio Gelli e dei suoi segreti di Gran Maestro della Loggia P2. Come è stato in più di una occasione dimostrato questa organizzazione ha manipolato e gestito le mosse della Repubblica Italiana per lunghissimo tempo e il suo Piano di Rinascita Nazionale sembra oggi essere stato fatalmente digerito e assimilato dalla storia.

I numerosi scandali giudiziari, non ultimo quello della strage alla stazione di Bologna e legati alla figura di Gelli (chiamato “G”), fanno da punti di un percorso cifrato che Barbera delimita all’interno del suo romanzo d’inchiesta: Il segreto del Gran Maestro, edito da Chiarelettere nel gennaio di quest’anno. Le vicende politiche italiane, con la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista in primo piano, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sono state influenzate da numerosi fattori esterni dei quali si occupa Barbera nel suo libro, che è sì romanzato, ma basato su fatti testimoniati dai numerosi processi legati alle Stragi di Stato.

Dott. Barbera, grazie innanzitutto per l’opportunità di questo confronto. Ho avuto modo di leggere il suo romanzo e di seguire alcune sue interviste in merito, la prima domanda che mi è balzata in mente da semplice fruitore è: perché ha sentito il bisogno di approfondire un argomento così scottante e mi permetto di dire scivoloso?

Il mio è, innanzitutto, un romanzo noir che si presenta nei panni raziocinanti e documentati del romanzo d’inchiesta. Il protagonista, G., è un individuo, ormai in fase terminale, che ha stipulato una sorta di “patto col diavolo”. Lo indico con la iniziale G. anche perché non corrisponde in tutto e per tutto a Licio Gelli. È piuttosto un suo alter ego. Si differenzia dal personaggio reale per caratura intellettuale, complessità mentale, capacità di calcare il palcoscenico della storia, leggere gli eventi in controluce. E per altri particolari non secondari. Forse si può ravvisare qualche somiglianza con il vecchio Karamazov, potente figura di “malvagio” creata dalla penna di Dostoevskij. Insomma, mi sono spinto molto più in là, per raccontare vicende e snodi centrali nella storia del nostro Paese, le cui conseguenze e i cui effetti si sono avvertiti a lungo e forse si avvertono ancora. Non è la prima volta che prendo un personaggio reale e lo reinvento o riracconto secondo schemi innovativi, che maneggio il magma incandescente della realtà per modellare una storia esemplare, drammaturgicamente compiuta. Quello che faccio ogni volta è mettere in scena la comédie humaine da nuove prospettive e angolazioni, calandola in contesti e periodi storici sempre differenti, e ovviamente documentandomi fino allo sfinimento.

Noi siamo quasi coetanei e abbiamo vissuto gli anni di piombo e quelli delle Stragi di Stato, per inciso sono nato nel 1963 e cresciuto a meno di 100 metri da Palazzo Giustiniani, non so se preoccuparmene vista la coincidenza con date e luoghi legati alla figura di Gelli e della sua iniziazione al Grande Oriente D’Italia. Come ha raccolto queste informazioni così puntuali e cosa c’è di sua fantasia riguardo la cerimonia occulta così ben descritta?

Libri, giornali, testate e archivi online, atti processuali, letteratura ecc. Negli anni ho affinato un mio metodo di lavoro e di ricerca, che ho messo in pratica anche in “L’ultima notte di Raul Gardini”, uscito sempre per Chiarelettere. Sono tra i pochi in Italia a produrre quel genere di romanzo, a cavallo tra la storia, l’inchiesta giornalistica e la letteratura. Quanto alla cerimonia di iniziazione, ho trovato dei documenti ufficiali che descrivevano l’iter nel dettaglio, così come l’ho raccontato dopo opportuni adattamenti funzionali alla struttura romanzesca e previa eliminazione delle estenuanti ripetizioni previste nel rituale ufficiale (che comunque consta di diverse versioni, alcune di gran lunga semplificate). Ho studiato anche dei video, ho visionato delle interviste a persone che vi avevano preso parte.

Ho notato sia nel suo libro, ma anche nelle interviste rilasciate, che lei non fa quasi mai distinzione tra massoneria ufficiale e quella deviata, come se tutte queste organizzazioni fossero parte di un Lato Oscuro nel quale mai si può intravedere qualcosa di positivo, è così?

Io parto sempre dagli scopi, dalle ragioni che muovono qualcuno o qualcosa. Quali sono gli scopi di una loggia massonica? Credo che, al di là della ufficialità, fondamentalmente ci si affili alla massoneria per crearsi una rete di relazioni utili alla propria carriera, ai propri affari. Il resto mi pare una copertura. Questi però sono scopi leciti, se non ledono qualche diritto. La P2, come si sa, si è spinta molto più in là. Soprattutto il problema si pone quando affiliati a una loggia sono persone che ricoprono ruoli pubblici, politici, ufficiali dell’Esercito e delle Forze dell’Ordine, o che svolgono professioni in grado di condizionare pesantemente l’opinione pubblica, come nel caso dei giornalisti.

La possibilità che la figura di Licio Gelli venga legata alla Strage di Bologna ci porta dritti verso la suggestiva lettura de Il Segreto del Gran Maestro, edito da Chiarelettere

In una lunga intervista a Teleambiente lei afferma che questo è il romanzo più potente che abbia scritto sulla scia dell’Ultima notte di Raul Gardini, e lo paragona al ruolo che ebbe Petrolio di Pasolini nell’ambito della vicenda Mattei e dell’Eni. Cosa ci può dire di più in merito a questo parallelismo direi anche inquietante, vista la tragica fine di Pasolini tuttora avvolta da mistero?

Incrociando le dita, direi che utilizzare la forma romanzo consente di addentrarsi in terreni sconosciuti, non consentiti alla saggistica. E soprattutto di indagare l’animo umano, di andare in cerca delle motivazioni più profonde e inconfessabili dell’agire dell’uomo. Oltre che di consegnare alla storia una vicenda che altrimenti resterebbe a lungo relegata negli ambiti della cronaca. Pasolini si era lasciato “stregare” dalla figura di Eugenio Cefis, successore di Mattei all’Eni. Petrolio era il libro della vita, come scriveva lui stesso, quello che forse lo avrebbe impegnato fino all’ultimo dei suoi giorni. Ma non ha potuto finirlo. Si dice che nell’edizione andata in stampa manchi un capitolo, Lampi sull’Eni, il quale sarebbe stato fatto sparire (da chi?) in quanto avrebbe contenuto rivelazioni scottanti, estremamente pericolose. Anche al centro del mio romanzo, come in Petrolio, ci sono il potere e il male. C’è l’abisso dell’essere umano. Nel mio, è assente la componente sessuale, preponderante in Petrolio.

Leggendo il suo libro, si scopre una figura di Gelli che sin da adolescente ha sempre avuto una capacità di trasformismo ed adattamento alle circostanze che vanno dall’adesione al Fascismo e alla guerra del Generale Franco, all’aiuto ai Partigiani dopo aver abbracciato la Repubblica di Salò, dalla vicinanza con Juan Domingo Peron sino ad arrivare arrivare alla Thatcher, Wojtyla, Ronald Reagan, sotto lo sguardo di un giovane Donald Trump, futuro presidente. Se non fosse per gli eventi tragici dei quali si rese responsabile, potremmo parlare della figura di un antieroe hollywoodiano alla ricerca di un tesoro perduto (Montenegro)?

Esattamente. Quella del tesoro del Montenegro è una parte centrale nel romanzo. Una parte decisamente avventurosa. E G. viene ritratto come una specie di antieroe dotato di capacità mimetiche ineguagliabili, con i piedi sempre in più staffe. Una specie di Zelig (n.d.r. Leonard Zelig, protagonista dell’omonima pellicola di Allen del 1983). Disposto a tutto pur di ritagliarsi un posto al sole. Un ego ipertrofico nel quale trovano poco spazio i principi morali, visti come un ostacolo alle proprie ambizioni. E per di più con la sindrome della vittima. È un profilo psicologico tipizzato dalla scienza. Ce ne sono parecchie in giro di figure così. Trump ne è un esempio lampante. La Thatcher no. I personaggi così di solito nei romanzi indossano i panni degli irriducibili antagonisti degli eroi. Mi viene in mente il professor Moriarty, che si contrappone a Sherlock Holmes. O Long John Silver, opposto a Jim Hawkins ne L’isola del tesoro di R.L. Stevenson. Io invece al mio “cattivo” faccio indossare i panni del protagonista. Ma nessuno è totalmente cattivo. Bene e male sono dentro ciascuno di noi, è una questione di dosaggi, di proporzioni.

Dal trasformismo di Gelli all’Italia della Democrazia Cristiana, tra bene (poco) e male (tanto)

La Loggia Propaganda 2 sembra abbia avuto un ruolo fondamentale per le scelte politiche economiche e imprenditoriali italiane, attraverso figure come Eugenio Cefis, Giulio Andreotti con gran parte della Democrazia Cristiana oltre che di esponenti di tutti i partiti in modo trasversale. Ora pare evidente che la grande mano del burattinaio si allunghi dal paese che di fatto vinse la Seconda Guerra Mondiale e che attraverso le agenzie di intelligence di vari paesi guidò la ricostruzione (IRI) dell’Italia e non solo. Alla luce di questa visione, possiamo decretare il fallimento di questa manovra occulta, vista la situazione nella quale oggi versa la gran parte dell’Italia, che avrebbe potuto sicuramente essere guidata in maniera più illuminata sviluppando appieno le caratteristiche peculiari del nostro paese e della sua gente, cosa puntualmente avvenuta in Germania?

Sì, direi che possiamo decretare il fallimento di quelle manovre occulte sotto molti punti di punti di vista, ma non tutti. Quanto a Gelli, per una decina d’anni la P2 ha giocato un ruolo che ambiva a diventare totalizzante, soverchiante, un machiavellico contropotere, uno Stato nello Stato, senza però riuscirvi. L’ambizione era smisurata, velleitaria. Anche ammettendo che sopra Gelli vi fosse un ulteriore livello, un livello politico, nazionale o sovranazionale, come ipotizzato nel romanzo, l’azione della P2 è riuscita ad avvelenare le acque di superficie ma non a produrre quel sovvertimento dell’ordine democratico che si prefiggeva, da raggiungersi mediante il controllo delle istituzioni e dei gangli vitali della società. Ciò non toglie che la P2 sia stata implicata in fatti di sangue gravissimi, nella strategia della tensione, in clamorosi crac finanziari, in tentativi di controllo dell’informazione, della magistratura e delle alte cariche dello Stato, grazie anche alle coperture di cui ha goduto negli ambienti dello spionaggio, a cominciare dalla Cia.

Gianluca Barbera a Lisbona

Per finire vorrei che ci chiarisse qualcosa riguardo alla sua idea di un Nuovo Ordine Mondiale (NWO), cavallo di battaglia dei complottisti del ventennio ‘80/’90, ricordo le magnifiche graphic novel di Alan Moore “V for Vendetta” e “Watchmen”, visto che nell’epilogo del suo romanzo di, voglia il caso, 33 capitoli, ne parla apertamente.

Non escludo affatto che gruppi ristretti di potere (specie economico) siano continuamente al lavoro per condizionare la vita dei cittadini e dunque di tutti noi. Ma personalmente non sono minimamente ossessionato dalle teorie complottistiche. Mi trovo d’accordo con Popper quando afferma che il bisogno di credere che qualunque cosa avvenga nella società – guerre, povertà, epidemie – sia il risultato di manovre occulte, non è che una forma di nuovo teismo, di ripiegamento nell’irrazionale. Pasolini lo ha detto ancora più chiaramente: il complotto ci libera dal peso di avere a che fare con la verità. Io credo che spesso le manie complottiste tendano a nascondere fallimenti personali.

Un’ultima domanda la faccio sulla possibilità che questo suo romanzo possa prevedere uno sviluppo, magari come sceneggiatura di un film, e se non esiste il rischio che venga banalizzato ad uso commerciale?

Il romanzo è in visione presso alcune case di produzione cinematografiche e spero possa diventare un film o una serie Tv. Naturalmente mi opporrei a una sua trasposizione che avesse come esito quello di banalizzarlo. Si realizzano però ancora eccellenti film che possono definirsi artistici. A volte un giusto mix tra intento artistico e linguaggio popolare può costituire un traguardo desiderabile.

Rispondi